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LA REPUBBLICA del 10 dicembre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Le paurose paginate di giornale sulla congiuntura economica, giungle di cifre e percentuali, labirinti di balzelli presenti e futuri, hanno alla fine
l´effetto di farci sentire del tutto impotenti di fronte a quello che già alla fine del secolo scorso la saggista francese Viviane Forrester battezzò
«L´orrore economico». A meno di soffrire di una sorta di feticismo contabile, l´istinto è alzare le mani, chiedere il conto, pagarlo (se si è in grado) e andarsene in mezzo ai boschi o alla neve o al mare, per capire che cosa ci rimane da pensare, da vedere, da sognare al di fuori dei quattrini. Non è una questione di morale, ma di metabolismo. È il corpo che si rifiuta, alla lunga, di misurare il mondo solo con il metro economico, di parlare solo di soldi, di calcolare la giornata, la settimana, la vita come una variabile dipendente dai bilanci statali, aziendali, familiari. L´economia è un insieme di diagrammi dentro i quali cerchiamo giorno dopo giorno il nostro puntino. Ma non siamo solo quel puntino, per fortuna. Siamo fatti di carne e ossa, e dotati di cinque sensi che non riescono a nutrirsi solo di videate e di scartoffie. L´economia è roba metafisica, riguarderà magari l´anima degli umani: ma la vita fisica esige altre emozioni, e si sente soffocare nella galera dei conti pubblici e privati.

LA REPUBBLICA del 18 gennaio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Un´azienda di Hong Kong ha rinunciato a commercializzare un bambolotto raffigurante Steve Jobs. È interessante sapere che la decisione, sollecitata dalla famiglia Jobs, è stata presa per pura buona volontà. Nessuna legge impediva di commercializzare quel gadget, perché non faceva il verso a un marchio commerciale, ma a un essere umano. È una regola che chi ha diretto un giornale di satira, come il sottoscritto, conosce bene:
l´onorabilità degli esseri umani conta assai meno dell´onorabilità dei marchi e delle merci. Puoi prendere un uomo e farne uno zimbello, o un fantoccio, o un pupazzo da luna-park. Ma il marchio è sacro. Il marchio è il solo totem davanti al quale i contemporanei si inginocchiano, reverenti e atterriti. Sono abbastanza affezionato (più per pigrizia che per convinzione) alla nostra civiltà. Ma se penso su quali presupposti si fonda, capisco che la sua catastrofica fine non può che essere alle porte. Un mondo che antepone il potere aziendale alla dignità umana è – scusate il gergo da bar, ma è per capirsi – un mondo di merda. Lo è indipendentemente dal nostro potere di cambiarlo, o al contrario dalla nostra impossibilità di farlo. Lo è in assoluto. Lo è in purezza. 

LA REPUBBLICA del 21 dicembre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
"Il Segretario del Partito Marco Rizzo e il Responsabile esteri Alfonso Galdi hanno espresso dolore e presentato le proprie condoglianze al popolo nordcoreano per la morte di Kim Jong-il, guida della causa rivoluzionaria dell´ideologia Juche e del Partito, dell´esercito e del popolo della Repubblica Democratica Popolare di Corea". Questo comunicato ufficiale, apparso ieri sul sito dei Comunisti-Sinistra Popolare, ha avuto meritata fortuna tra i numerosi fan del paranormale. Forse per un disguido, o per un malevolo boicottaggio, il comunicato è apparso monco della sua seconda parte, anch´essa molto rilevante, che qui riportiamo: "Il Segretario Rizzo e il responsabile esteri Galdi sono altresì vicini al popolo plutoniano nel giorno del Sacro Hooog, in cui, a mille anni dalla sua morte in battaglia, si celebra la reincarnazione del Generalissimo Kkipga in un cavallo fosforescente. E invitano i fedeli a visitare il monastero virtuale di Hammon, nella galassia di Popelin, dove è possibile vedere lacrimare una statua della Beata Kattarinetta, figlia di Ponk, re di Ork, destinata a redimere la Via Lattea prima che si avveri il Grande Malefizio". 

LA REPUBBLICA del 19 gennaio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Sono molti gli spettacoli che urtano nel profondo la mia sensibilità, e contravvengono regole e princìpi che mi sono cari. Ma non mi sognerei mai di chiederne la soppressione, o di contestarne il diritto alla messa in scena. E´ questo – tra l´altro – che distingue nel profondo quelli come me dalle centurie di ultras cattolici, furibondi perché il Teatro Franco Parenti, a Milano, sta per mettere in scena un dramma che ritengono blasfemo, "Sul concetto di volto nel figlio di Dio", di Romeo Castellucci. Siamo abituati a chiamare tolleranza ciò che è, più semplicemente, fiducia nelle proprie convinzioni. Che possano essere messe a repentaglio da uno spettacolo, o da un´opinione altrui, è cosa che può pensare solo chi abbia un impianto culturale scarso, e una psicologia fragile. Ed è perlomeno curioso che i cosiddetti "relativisti etici" siano dotati, in questo senso, di un impianto ideologico evidentemente assai più solido di quello degli integralisti dogmatici, in apparenza muniti di un castello ideologico fortificato e inespugnabile. Le grida isteriche dei fanatici religiosi, la loro miserabile violenza verbale, sono la dimostrazione lampante della debolezza estrema del loro credo. Per primi sanno, e non osano dirselo, di avere una fede carente tanto in se medesimi quanto nel loro Dio. 

LA REPUBBLICA del 31 dicembre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Per diventare dittatori bisogna essere, prima di tutto, dei mentitori patentati. Umberto Bossi è, in questo senso, un talento sprecato, perché pur essendo un incallito mentitore non ha la possibilità oggettiva di diventare dittatore, se non acquistando un atollo sperduto e ribattezzandolo Padania per trasferircisi, come un reverendo americano matto, con i suoi fedeli. L´ultima balla – pronunciata ieri di fronte alla solita claque di partito – è un perfetto esempio di ribaltamento della verità. Bossi accusa Napolitano di avere "riempito il Nord Italia di tricolori, che alla gente del Nord non piacciono". È vero esattamente il contrario: è la gente del Nord che ha riempito le proprie città e le proprie case di tricolori, che a Bossi non piacciono. E lo ha fatto, per giunta, proprio perché a Bossi non piacciono, per spiegargli in modo definitivo, e politicamente ultimativo, che la Lega, al Nord, è solo una minoranza invadente e rumorosa. Non fosse stato per Bossi e per la Lega, il Centocinquantenario non sarebbe mai stato il trionfo popolare che è stato. L´anno che si conclude oggi lo annovera, in questo senso, tra i grandi artefici involontari della storia italiana. 

LA REPUBBLICA del 25 gennaio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Anteporre una buona scuola professionale a una mediocre e tardiva laurea, come ha fatto il viceministro Martone, significa affrontare un tabù. Nella tradizione classista del nostro Paese, le scuole professionali e i lavori manuali sono considerati da sempre lo sbocco naturale dei figli dei poveri; la laurea, il dovuto approdo dei figli dei ricchi. E dunque, quel politico che faccia l’elogio delle scuole professionali rischia di passare per un reazionario che non vuole aprire a tutti le porte dell’università. Ma io credo che Martone alludesse a un’altra verità, tutt’altro che reazionaria: tra un "dottore" dequalificato e mal pagato e un artigiano che sa il fatto suo, chi se la passa meglio? La destrezza manuale è, tra l’altro, cultura essa stessa, specie in un Paese di artigiani e tecnici sopraffini quale siamo da qualche secolo. Il disprezzo per il lavoro manuale in quanto tale, e per scuole professionali a volte ben più brillanti e funzionali di certi deprimenti atenei, è uno dei veri grandi problemi dei nostri figli. Convinti, anche per colpa nostra, che un dottorato a prescindere valga un’autorevolezza sociale che solo il lavoro (anche manuale) è invece in grado di dare. Una società di piccolo-borghesi frustrati non è affatto migliore di una società di artigiani e operai realizzati. 

LA REPUBBLICA del 10 gennaio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Negli ultimi anni è stato sempre più difficile distinguere tra destra e sinistra. La crisi economica ci sta aiutando a ridefinire almeno il cinquanta per cento della questione. Della sinistra e di ciò che ha in mente capiamo pochino. Della destra, molto di più. Il premier Cameron che si schiera anima e corpo in difesa della City e boccia qualunque proposta di tassare le transazioni finanziarie: è di destra. I repubblicani Usa che tra le cause nefaste della crisi additano la riforma sanitaria di Obama: sono di destra. I deputati italiani del Pdl che imputano ai controlli fiscali il proposito di "denigrare la ricchezza": sono di destra. Gli italiani che trafugano oro e contanti in Svizzera per paura dello Stato (i loro padri e nonni lo fecero, più romanticamente, per paura del comunismo): sono di destra. Il senatore americano Santorum (punta alla Casa Bianca) che considera blasfemo l´evoluzionismo ed è convinto che la Terra sia stata creata poche migliaia di anni fa da Dio: è di destra. La destra sarà anche rozza, anzi lo è spesso. Ma ha il pregio di non vergognarsi di quello che pensa e degli interessi che difende. Per la sinistra, a pensarci bene, la destra è la sola vera bussola rimasta: basta guardarla, basta ascoltarla, e si riacquista un minimo di stima per il fantasma della sinistra. 

LA REPUBBLICA del 6 dicembre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Si deve essere grati al capogruppo del Pdl, il socialista Cicchitto, per averci solennemente ricordato in Parlamento che il governo Berlusconi aveva abolito l´Ici. È anche da misure demagogiche come quella che sono nati lo sfascio dei conti pubblici, la prostrazione economica degli enti locali, il conseguente ritrarsi dei servizi sociali. Niente di quanto ci sta accadendo ora – compresa una manovra economica aspra con tutti ma inclemente soprattutto con chi ha faticato di più e ha evaso di meno – è spiegabile senza la catastrofe politica che lo ha preceduto. Si vorrebbe che gli esponenti di punta del precedente governo, che di questa crisi sono la quintessenza, e ne incarnano il volto, ne parlassero, se non con umiltà, almeno con accenti di incertezza, come accade, in genere, agli sconfitti. Ne parlano, invece, con boria immutata, come se la ricetta dell´abbondanza e del bel vivere fosse una specialità della casa, e l´abolizione dell´Ici, anziché una smargiassata senza copertura economica, fosse stata il do di petto di una maggioranza in stato di grazia, che stava trascinando il Paese a un trionfale benessere. Poi, come accade ai Grandi della Storia, è stato il destino cinico e baro a rispedirli a casa e a reintrodurre l´Ici.

LA REPUBBLICA del 29 novembre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Sapere chi abbia ragione e chi torto, tra il sindaco Pisapia e il suo ex assessore Stefano Boeri, è importante ma non decisivo. Decisivo è capire che i soli veri sconfitti sono gli elettori milanesi che pochi mesi fa, per mandare Pisapia a Palazzo Marino con una maggioranza schiacciante, avevano messo da parte differenze e diffidenze ben più cospicue di quelle che oggi lacerano il governo di Milano. A festeggiare in piazza del Duomo c´erano la borghesia che vota al centro e i ragazzi dei centri sociali, i vecchi militanti dei partiti di sinistra e la nuova leva di cani sciolti internettari, i referendari senza tessera che si mobilitano di volta in volta e i funzionari di partito che sono mobilitati per mestiere. Pur di costituirsi in una nuova maggioranza, ognuno di questi elettori aveva rinunciato a qualcosa e aveva accettato di fidarsi degli altri. Ovvio che, dentro il potere, le ragioni di discussione e di lite sono molto solide e molto ingombranti. Ma come è possibile che lo spirito di quei giorni, che concedeva così poco al puntiglio individuale e alla vanità personale, faccia già parte del passato? 

LA REPUBBLICA del 25 ottobre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Certo che duole, la risatina franco-tedesca di scherno all´indirizzo del nostro (ridicolo) capo del governo. Ma ce la siamo meritata, no? Come italiani, voglio dire, come comunità di persone che non è stata in grado, in quasi vent´anni, prima di evitare e poi di far cessare una tragica farsa che si configurava esattamente tale già in partenza, con tutto quel cerone, quelle promesse assurde, quelle smargiassate da guitto, quella ricchezza smodata, quel reclutamento di mediocri purché obbedienti. E se per questo fallimento storico portiamo tutti almeno una briciola di colpa, l´onorevole Casini, che oggi fa le sue rimostranze da italiano offeso e reclama maggiore rispetto per il nostro Paese, ha invece colpe grandi come una montagna. Insieme a coloro che per anni hanno appoggiato Berlusconi per trarne vantaggi politici e visibilità personale. Non bisognava essere dei geni, e neanche essere di sinistra, per intuire il calibro di quell´uomo e la precarietà di quell´avventura. Se oggi il mondo ride di noi, l´onorevole Casini e l´intero novero degli alleati di Berlusconi, per primi i tanti confindustriali oggi preoccupati ma ieri plaudenti, devono considerarsi, a buon diritto, cointestatari di quelle risate. Ne hanno il diritto, se le sono conquistate sul campo. 
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