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LA REPUBBLICA del 22 settembre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Umberto Bossi sa benissimo che non è possibile indire un referendum sulla secessione. Sa altrettanto bene che, casomai fosse possibile, la sedicente Padania sarebbe definitivamente sepolta da una valanga di "no", anche al Nord. Neppure l´elettorato leghista voterebbe al completo per uno Stato inesistente e per giunta retto, già al suo nascere, da un clan di tipo gheddafiano come quello messo in piedi da Bossi, con tanto di figli nominati ministri e cittì della Nazionale. E allora, perché lo dice? Lo dice – come nella tradizione della peggiore politica – solo per conservare il suo potere, rianimare il suo carisma sgonfiato da anni di fedele servizio alla corte di Arcore, illudere fino allo stremo il suo popolo. Lo dice sapendo che il sogno della Padania (oltre a essere un incubo per la grande maggioranza degli italiani) è, appunto, solo un sogno. Ogni parola spesa da Bossi in questi anni era fondata su un´invenzione retorica, finalizzata alla sua carriera politica. Giurare (spergiurando) sulla Costituzione italiana per diventare ministro di una Nazione che vuole distruggere è già una colpa grave: ma ai danni del "nemico". Il cinismo politico può giustificarla. Ma imbrogliare migliaia di militanti e un paio di milioni di elettori facendo loro credere che un giorno saranno "padani" vuol dire approfittare anche di chi ti è amico. 

LA REPUBBLICA del 1 settembre 2011

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Bersani considera «uno stimolo» il referendum contro l´orrida legge Calderoli (chiamarla Porcellum è quasi un vezzeggiativo: legge Calderoli suona ben più grave). Ma non vuole coinvolgere il partito nella campagna: come segretario del Pd si riserva il ruolo specifico di proporre in Parlamento una nuova e migliore legge elettorale. Non si capisce perché la seconda cosa impedisca ai democratici, e al loro segretario in primo luogo, di battersi anche per la prima. Il ricorso al referendum indica in modo forte e diretto il disgusto di buona parte del paese per un sistema elettorale che toglie potere ai cittadini; che quasi tutti i partiti giudicano pessimo; ma che la politica non pare in grado, da sola, di cancellare o di emendare, pur avendo avuto molto tempo a disposizione per farlo. E dunque, che cosa aspetta Bersani? Pochissimi mesi fa, nella travolgente campagna nata attorno al referendum sull´acqua pubblica, si era creata una saldatura vincente tra società civile e politica, tra movimenti e partiti. Tutto già finito e digerito, tutto alle spalle? Al punto che il capo del maggior partito della sinistra italiana esita a sposare una causa sacrosanta sostenendo che non vuole «mettere il cappello» del Pd sopra un´iniziativa della società civile? Ma non sembrerà ben più stonato e fuori posto, il «cappello» del Pd, quando arriverà all´ultimo minuto a sventolare su una piazza che ha già fatto, lei da sola, tutta la fatica? 

LA REPUBBLICA del 5 ottobre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Se fossi il ministro degli Interni ad interim di tutte le Galassie, io l´altro giorno, sul pianeta Terra, avrei ordinato due retate: una a Perugia e una a Seattle. Una contro quelli che strillavano "vergogna" fuori dal Tribunale, levando istericamente il braccio nel gesto para-fascista delle curve ultras, l´altra contro la ridicola claque yankee che plaudiva in lacrime all´assoluzione in mondovisione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Due popolini di opposto sentire ma di idem scemenza, al tempo stesso vittime e artefici della credulità di massa e dell´orrore mediatico. È anche grazie a loro e per loro che i giornali peggiorano, la televisione peggiora, l´informazione peggiora, sono loro le foche ammaestrate di quel circo emotivo, fracassone, superficiale che osiamo chiamare "informazione". Non è vero che per fare silenzio (per capire, cioè, che il silenzio è il solo atteggiamento all´altezza della Morte e del Giudizio) ci vogliono la laurea in filosofia e un master di criminologia. Per fare silenzio basta considerarsi al di sotto della verità, come ogni essere umano sa di essere nel novantanove per cento delle circostanze della vita. Il mostruoso equivoco generato dalla civiltà mediatica è che a ogni pirla in circolazione bastano i titoli di un telegiornale per sentirsi Testimone della Verità. La verità su quel delitto la sanno gli imputati e (forse) i giudici e gli avvocati che per anni ci hanno lavorato sopra. Per gli altri vale più che mai l´ordine di sgomberare l´aula. 

LA REPUBBLICA del 23 agosto 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Chissà se qualcuno si è preso la briga, sotto l´ombrellone, di ritagliare e mettere da parte tutti gli articoli, le tabelle, le proiezioni che i giornali hanno dedicato alla sedicente "manovra da 40 miliardi". La somma delle anticipazioni, delle correzioni, degli aggiustamenti, delle rettifiche è un guazzabuglio impressionante, che mette quasi ogni italiano nell´impossibilità di capire quanto dovrà pagare direttamente (tributi straordinari) e quanto indirettamente (tagli ai Comuni, tagli ai servizi). Si è capito soltanto – e non è certo una novità – che la dichiarazione dei redditi sarà il parametro fondamentale per stabilire a quanto ammonta il salasso. La solita tassa sull´onestà che lascia indenni gli evasori (principali colpevoli di questo disastro insieme ai partiti che li coprono e li proteggono, come la Lega) e punisce i cittadini che già si fanno carico, con il loro lavoro e i loro soldi, del welfare. A parte questo nulla è certo, tutto è mutevole, molto è trattabile e dunque ritrattabile, e a due settimane di distanza dal ferale annuncio di un colpo di scure solenne e netto, il filo di quella scure appare gomma, e chi la impugna ha così paura di perdere voti e potere che non è neanche capace di dirci, da adulto che parla con adulti, quanto ci costa essere italiani. 

LA REPUBBLICA del 20 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il povero Mario Cal, manager del San Raffaele, aveva 72 anni. Il suo capo don Verzé ne ha 91. Il loro principale referente politico, il capo del governo, va per i 75. Il suo grande alleato Bossi sta per compierne 70 ed è gravemente malato. Il capo dello Stato, alla cui tenuta psicologica e fisica siamo tutti aggrappati, ne ha appena compiuti 86. Sull´età avanzata del potere italiano si è detto e scritto molto, ma non abbastanza da scalfirne la longevità stupefacente. Nell´astio montante contro "la casta", e più in generale nel senso di declino irreversibile del paese, questo dato anagrafico, ben al di là dei meriti e colpe dei singoli, pesa come un macigno. Desta sgomento in chi, come chi scrive, ha superato i cinquanta. Immagino desti impotenza e rancore in chi è giovane, chiede spazio e voce, e si vede governato non dai padri ma dai nonni. Inoltre: la stagnazione della nostra classe dirigente fa ripensare alla "rivoluzione" di Tangentopoli come a un falso movimento. Una rivoluzione vera rinnova radicalmente la classe dirigente di un paese. L´età ormai castrista del nostro establishment documenta che questo non è mai avvenuto, che chi era ricco e potente vent´anni fa in genere lo è anche adesso. La Prima Repubblica era retta da cinquantenni, la Seconda da settantenni, la Terza, se i conti torneranno, sarà nelle mani dei novantenni. O dei centenari se don Verzé e il San Raffaele troveranno il colpo di reni. 

LA REPUBBLICA del 2 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non so se per malizia o per caso, ieri questo giornale riportava nella stessa pagina le accuse di Bossi ai napoletani per il disastro dei rifiuti, e la sentenza della Corte d´Appello di Torino che ha condannato per associazione a delinquere i Cobas del latte del Piemonte e l´europarlamentare leghista Giovanni Robusti. Duecento milioni di euro nascosti all´erario attraverso finte vendite di latte a cooperative fittizie, per aggirare le famose multe dell´Ue sullo sforamento delle quote latte. L´intera vicenda delle quote latte (che prende abbrivio, molti anni fa, da dichiarazioni false degli allevatori per pagare meno tasse) è un desolante spaccato socio-economico del Nord Italia. Espedienti e furbate (ai danni degli allevatori onesti), illegalità e corporativismo, e la Lega a reggere il gioco per specularci sopra in termini di voti, di polemica anti-europea e anti-statale, di generica propaganda anti-fiscale. Come direbbe Bossi, una cosa da napoletani, con tanto di "onorevole" che offre aiuto e protezione, però fiorita all´ombra del Monviso e delle verdi valle alpine. Piuttosto che latrare all´indirizzo dei "terroni", il senatore Bossi farebbe meglio a guardare fuori dalla propria finestra. Perché se i voti non puzzano, le condanne per frode sono un brutto affare a qualunque latitudine. Dello scandalo politico delle quote-latte si è parlato molto poco solo perché dell´agricoltura, in questo Paese, non importa niente a nessuno. 

LA REPUBBLICA del 4 agosto 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Le voci sull´"inevitabile passo indietro" di Giulio Tremonti, che solo un paio di giorni fa erano un coro, già cominciano a diradarsi. Il conto alla rovescia che conduce all´eclissi politica di Berlusconi, iniziato dopo il tracollo elettorale di primavera, non sembra avere fretta di arrivare al suo esito. Scandali, processi, richieste di autorizzazione a procedere, dileggio internazionale, cadute parlamentari, figure ridicole come quella degli pseudoministeri a Monza, niente sembra scalfire un potere talmente malconcio e screditato che ogni nuova ferita subito si confonde e scompare nel dedalo delle precedenti. Basti, tra tutte, la parabola esemplare dell´ex ministro Scajola, che non anni addietro, ma nel corso di questa stessa legislatura (maggio 2010), parve politicamente morto e sepolto, dopo il disdoro che gli era caduto addosso a causa del clamoroso scandalo dell´appartamento romano "pagato a sua insaputa" da altri. Beh, poco più di un anno dopo Scajola è riverito e influente capo-corrente del Pdl. La sua carriera politica è in pieno e florido corso, e non a sua insaputa. I giornali lo intervistano come autorevole leader nazionale, certamente in lizza per orientare i destini del centrodestra. Più che dell´immoralità, in questo paese bisognerebbe discutere dell´immortalità. 

LA REPUBBLICA del 27 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Maiali in piazza Affari, ieri mattina a Milano, davanti alla Borsa che mai aveva udito grugnire sotto la sua bella facciata bianca. Colpo d´occhio notevole, una manifestazione di contadini (uomini e bestie) nel luogo dove l´economia si fa meno concreta, più immateriale, e niente valgono le mani, il sudore, il lavoro fisico. Il primario (che vuol dire: il cibo, il nutrimento della vita) spunta guadagni da fame perché dentro quel grande palazzo bianco, e nei suoi omologhi sparsi per il mondo, pochi speculatori giocano sui prezzi dei cereali, dei mangimi, di tutto quanto viene prodotto al mondo dal lavoro umano, e decidono il destino del pane, della carne, del latte e delle persone che quei fondamenti producono, che su quei fondamenti campano. Mai la parola "valore" fu più storpiata, se il risultato è che il valore del cibo, della terra, della natura è niente rispetto all´azzardo e allo strapotere del capitale finanziario. Più o meno nello stesso momento i pastori sardi protestavano a Cagliari, perché il prezzo del latte è così basso da non coprire neanche le spese. Chi conosce appena un poco l´agricoltura e i suoi problemi ha una richiesta da fare: non chiamatelo più "primario", perché suona come una beffa per un settore che viene ultimo, ignorato e umiliato. 

LA REPUBBLICA del 14 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
«Tra le ragazze c´è chi ha avuto una Land Rover, chi è stata eletta in Consiglio regionale. Non è certo un reato». Uno degli avvocati di Nicole Minetti ha così riassunto (molto efficacemente) l´andazzo del regimetto berlusconiano: le cariche pubbliche usate come una gratifica, un regalo a disposizione delle dame di corte. All´avvocato (e non solo a lui) sfugge la differenza tra una Land Rover e un mandato politico: la prima si paga con i propri quattrini, il secondo è a carico dei cittadini, che a Minetti pagano il notevole stipendio (sui diecimila al mese) di tasca propria, attraverso il prelievo fiscale. Tecnicamente, dunque, le mantenute del Capo diventano le mantenute di noi tutti, ovviamente senza chiederci se siamo d´accordo. Sono convinto che Minetti non abbia rimesso il suo mandato non per protervia, ma perché soffre dello stesso analfabetismo civico di chi l´ha messa su quella sedia. Non hanno la più pallida idea dell´esistenza di una sfera pubblica che risponde a regole e princìpi che non sono gli stessi in voga nei concessionari d´auto, e dunque credono davvero che regalare un´automobile o un filo di perle o una carica pubblica sia la stessa cosa. In conclusione, e seguendo il filo logico dell´avvocato: forse non è un reato, però – mi scuso per la sintesi – fa veramente schifo. 

LA REPUBBLICA del 7 luglio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Ci saranno anche utili scrupoli e pensose alternative, dietro la decisione del Pd di astenersi sull´abolizione delle Province proposta da Di Pietro. Ma l´effetto sull´opinione pubblica – devastante – è quello di un voto di potere, che assimila l´astensione del Pd alla posizione di Pdl e Lega, che le Provincie se le tengono strette. Non può essere un caso che i tre maggiori partiti italiani, cioè quelli con il personale politico più numeroso, si siano messi di traverso, e dopo anni (decenni) che si discute di snellire l´enorme apparato buro-politico e ridurne i costi, abbiano ottenuto l´ennesimo rinvio. Come non pensare che il sistema dei partiti anteponga i suoi problemi interni (di personale, di posti di lavoro, di fette di potere da gestire) alle esigenze del Paese? E come non pensare che questo meccanismo auto-riferito, e quasi autistico, sia così devastante da spingere il principale partito di opposizione – in un momento come questo, poi – a confondersi con interessi di casta, a irritare molti dei suoi elettori, ad alzare un mattone in più nel maledetto muro che separa gli eletti dagli elettori? Un partito non è un´azienda, si dice da anni a sinistra per segnare le distanze dal berlusconismo. Ma se poi, quando si vota e si decide sugli assetti della politica e sulla vita amministrativa, un partito vota come se fosse un´azienda che difende i propri interessi, la differenza diventa molto meno percepibile. 
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