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LA REPUBBLICA del 15 febbraio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
L´Arma dei carabinieri, in questo Paese, ha un prestigio e un ruolo troppo importanti perché possa cadere nel silenzio la spaventosa storia di Giuseppe Gulotta, condannato con altri tre siciliani per l´omicidio di due carabinieri ad Alcamo, nel ´76, e riconosciuto estraneo ai fatti dopo ventuno anni di carcere: quasi una vita intera. Le false accuse contro i quattro cittadini innocenti furono inventate da altri carabinieri, le confessioni estorte con la tortura, la verità occultata proprio da chi aveva il compito di scoprirla, la legge ingannata dai suoi stessi servitori, uno dei quattro incarcerati senza colpe è stato trovato morto in cella, forse "suicidato". Una storia tenebrosa, violenta, inaccettabile che fa parte a pieno titolo degli anni di piombo, di quei depistaggi, di quelle fellonie di Stato, di quelle menzogne rivolte contro il cuore stesso del Paese. Leggerne la ricostruzione (ieri su questo giornale ne scriveva Francesco Viviano) sconvolge. E al tempo stesso costringe a domandarsi se l´Arma, oggi, ha fatto chiarezza su questa sua vergognosa pagina interna, o intende farla. La liberazione (atrocemente tardiva) di un innocente non basta a chiudere una pagina così sporca. Si vorrebbe sapere perché è accaduto; per quali perversioni della legge e dell´onore dello Stato; e con quali conseguenze per chi ha escogitato ed eseguito un crimine così grave contro la libertà e la giustizia.

LA REPUBBLICA del 7 marzo 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
I commenti di molti dirigenti del Pd alle primarie di Palermo sono in qualche caso meschini, e in tutti i casi divaganti. Meschini: perché la sconfitta della Borsellino è usata per la propria parrocchia, con i centristi che ricusano l´alleanza con Vendola e la sinistra che accusa i centristi di avere remato contro. Divaganti: perché nonostante le mazzate prese per ogni dove dal "candidato del Pd", nel Pd ancora non si è capito che l´errore madornale (lo spiegava bene ieri, su questo giornale, Giancarlo Bosetti) è proprio proporre un "candidato del Pd". Le primarie, per loro natura, non prevedono investiture preventive. Si fanno apposta per far scegliere ai propri elettori, in una rosa piuttosto varia, chi sarà il candidato, in questo caso alla poltrona di sindaco. Perdere le primarie è dunque impossibile, e lo è strutturalmente: perché "il candidato del Pd", molto banalmente, è quello che vince tra i vari concorrenti. Come accade negli Usa per le primarie democratiche e repubblicane. Se capisse questa ovvietà (che lo espone a "scalate" di outsiders, ma lo qualifica come un partito aperto e vivo) il Pd vincerebbe tutte le primarie di qui al Tremila. E si libererebbe delle residue incrostazioni da Politburo che lo rendono poco lucido e a tratti – non saprei dirlo diversamente – incredibilmente tonto. 

LA REPUBBLICA del 5 febbraio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Muoversi, spostarsi continuamente, viaggiare è una facoltà. Un vantaggio dei tempi. Ma non è un diritto. Non c´è tecnologia, organizzazione sociale, governo illuminato che possano garantire a tutti, sempre, comunque la possibilità di attraversare una città o una regione o un paese. I mari in tempesta, la neve e il ghiaccio, le avversità naturali e climatiche limitano la nostra libertà di movimento. Nelle lamentele e nelle polemiche di questi giorni c´è una parte di ragione: se una città si paralizza perché nessuno ha pensato a spargere il sale nelle strade, siamo di fronte a un´omissione evitabile. Ma c´è un sovrappiù di ira e di stizza che discendono dall´illusione che tutto sia diventato facile, disponibile, agevole, così che al primo ostacolo cominciamo a inveire contro il governo ladro o il sindaco scemo o la Protezione civile inetta. Ma un viaggio, se si è in carne e ossa e ci si muove in un paese dai contorni reali, non è una applicazione del palmare. Non si risolve in un "on" e "off". Non è garantito per contratto. Capita di doversi fermare, anche contro la propria volontà. Capita di non essere onnipotenti e onnipresenti. 

LA REPUBBLICA del 8 marzo 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Che palle (scusate la franchezza) l´interminabile e purtroppo interminato rosario di film e fiction tivù italiani sul crimine, i criminali, le bande criminali, le storie criminali, le vite criminali… con quei promo tutti uguali, primi piani di bei ceffi tenebrosi o sarcastici che minacciano o irridono, e il sibilo delle pallottole, i tonfi dei corpi, le macchine che inchiodano, le portiere che sbattono, le banconote che frusciano, le righe di cocaina e la recitazione sempre sopra le righe. Li si confonde tutti, ormai, perché la moda è moda, ripetizione pigra e modulare di idee un tempo inedite e oggi dozzinali, così che dopo Gomorra sono arrivati i similGomorra e i viceGomorra, e dopo la banda della Magliana qualunque assembramento di giovani farabutti di cui resti traccia negli archivi dei giornali, anche di provincia, diventa "un´epopea del crimine". A furia di promuovere tutti quei banali giovani maschi feroci, e vecchi maschi avidi, a "supereroe del crimine", c´è chi teme il cattivo esempio. Non so se davvero l´emulazione sia un problema. Ma francamente, nel dubbio, il primo che fa un film dove il criminale è solo un poco invidiabile stronzo, lo propongo per l´Oscar. 

LA REPUBBLICA del 8 febbraio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
"In un Paese normale dopo un fatto del genere ci si ritirerebbe a vita privata", dice Ignazio Marino a proposito del senatore Luigi Lusi. Il concetto parrebbe ovvio, ma ovvio non è. Accusato di avere fatto sparire la bellezza di 13 milioni dalle casse del suo partito (Margherita, poi Pd), Lusi non solo non si è ritirato a vita privata, ma occupa la vita pubblica con il piglio del protagonista, passandosela da capro espiatorio, da vittima predestinata, da "mostro che fa comodo a molti", in un crescendo sibillino e confuso di dichiarazioni e confidenze che tutto spiegano, tranne perché diavolo si sia appropriato di quattrini non suoi. Si capisce che Lusi, colpito da accuse tanto gravi, possa avere perduto lucidità, e cerchi di difendersi con tutte le sue forze. Ma si capisce, anche, quanto sia mutato, negli ultimi anni, il clima psicologico e culturale che circonda questo genere di reati. Un tempo erano una macchia infamante sull´onore del politico: bastava un avviso di garanzia per sentirsi fuori dai giochi. Oggi è come se questi maneggi disinvolti di denaro pubblico fossero parte integrante della lotta politica e dunque materia di dibattito, di distinguo, di contrattacchi polemici, in un guazzabuglio etico e perfino normativo che descrive spietatamente la progressiva perdita di senso del lecito e dell´illecito. 

LA REPUBBLICA del 9 marzo 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Naturalmente il ministro Riccardi, per responsabilità di ruolo, deve rimangiarsi la frase su quanto è schifosa la politica quando è giochino di bottega, ricatto, sotterfugio ipocrita per non svelare i propri veri scopi. Ma quel giudizio, per quanto ruvido, esprime un sentimento diffuso, e ahimè ampiamente giustificato da quello che la politica dei partiti è stata, in larga misura, negli ultimi anni. Che un giudizio del genere non provenga da un qualunquista da bar, o da un grillino di passaggio, ma dal ministro di un governo che di politica (giusta o sbagliata che sia) ne fa a tonnellate, nonché da una persona impegnata nel sociale come dieci leader di partito messi assieme, è cosa che non può non mandare in bestia i mandarini del Pdl, che vedono il proprio potere usurpato dal "governo tecnico" e il proprio patrimonio di voti scemare di giorno in giorno. La novità che rende affascinante, incerto, decisamente inedito il panorama politico italiano è proprio questa: fuori dai partiti non c´è solo l´antipolitica, come è stato molto comodo dire negli ultimi anni. Fuori dai partiti c´è anche molta politica, e in questo momento, addirittura, c´è il governo. I partiti cominciano a capirlo, e per questo diventano ogni giorno più nervosi. Nel caso del Pdl, più aggressivi. 

LA REPUBBLICA del 16 febbraio 2012

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
I (pochi) oppositori del "no" olimpico di Monti sostengono che il rilancio di un paese in crisi passa anche dalla fiducia nelle proprie forze e nel futuro, e rinunciare ai Giochi significa quasi ufficializzare il clima da Grande Depressione, perpetuandolo. Sarà: ma deprime di più pensare a un paese che, per anni, ha lasciato dissestare il proprio territorio e andare in malora le proprie infrastrutture, accettando treni vergognosi (a parte la Tav), servizi scadenti, scuole languenti, in cambio dell´illusione di Grandi Opere megalomani e spesso solo sulla carta, fumo negli occhi come il Ponte sullo Stretto, vetrine pacchiane che celano un retrobottega vuoto. Tra le famose "scelte della politica", specie in tempi di penuria, una normalità decente vale molto di più di una straordinarietà luccicante ma illusoria. Il famoso paese normale che tutti invochiamo – per ora inutilmente – è anche un paese che non considera mediocre o perdente una dignitosa quotidianità, e diffida dell´ottimismo cialtrone come delle sabbie mobili. Le Olimpiadi non dispiacciono a nessuno, ma il vero sogno italiano, di qui al 2020, sarebbe ristabilire un minimo di gerarchia tra l´indispensabile e il superfluo. Il secondo, senza il primo, è puro inganno. 

LA REPUBBLICA del 7 gennaio 2012 

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È UN PERIODO STORICO – almeno per questo Paese – davvero sorprendente. Le carte si rimescolano fino al paradosso. Contro Equitalia e il fisco cinico e baro si ritrovano fianco a fianco i bombaroli postali e gli impellicciati nullatenenti beccati a Cortina. Certi volantini insurrezionalisti, e certi orfani della destra di governo. Si presume non frequentino gli stessi circoli, né che abbiano gli stessi autori di riferimento, anche se in qualche maniera coltivano tutti quanti il sogno anarchico di fare a meno dello Stato e delle sue regole. In rete e su qualche quotidiano molto combattivo si leggono, sulla crisi in corso, cose molto di sinistra contro le banche e la finanza. Che paiono ben dette, e condivisibili, fino a che ti rendi conto che vanno a lambire il famoso complotto pluto-giudaico, e in quelle acque putride rischiano di nuotare fianco a fianco con il paranoico nazista, o con il leghista che dà i numeri. Periodo sorprendente, dicevo, ma anche faticoso. Che richiede discernimento, intelligenza, e cura delle proprie parole. La recessione è una malattia dell´economia che diventa facilmente malattia della psiche collettiva. Per i sani di mente, la responsabilità raddoppia. 

LA REPUBBLICA del 9 dicembre 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il governo Monti può piacere o no. Ma è ingeneroso pretendere che faccia cose di sinistra, per il semplice fatto che di sinistra non è. Le cose di sinistra (la famosa equità sociale) proverà a farle la sinistra nel caso – tutt´altro che certo – che vinca le prossime elezioni. In questo frattempo l´obiettivo dichiarato è evitare la bancarotta del Paese e ricostruire una dignitosa immagine nazionale da offrire a noi stessi e al resto del mondo. Punto. Berlusconi non è stato destituito dal Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, o dalla Fiom con le bandiere in resta, o dagli indignati vittoriosi e costituiti in Direttorio in collegamento con Santoro; ma da una vecchia élite borghese con i capelli bianchi, disgustata dal populismo becero e dalla mancanza di stile e di talento (la forma è anche sostanza) della classe dirigente di centrodestra. La sinistra – eletti ed elettori – è autorizzata a sognare la futura equità, e a lavorare per questo. Non a rimproverare a Monti ciò che Monti non può fare prima di tutto perché gli manca il mandato elettorale, e poi perché non è certo da un bocconiano liberal-cattolico che si può pretendere un New Deal italiano. Chi a sinistra si lamenta di Monti perde il suo tempo e ruba energie alla costruzione di una alternativa elettorale seria. 

LA REPUBBLICA del 24 gennaio 2012

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In un dibattito televisivo il rappresentante dei farmacisti italiani – un signore anziano e combattivo – non ha saputo o voluto dire quanto rende, in media, una farmacia in una grande città. Ha saputo e voluto dire tutto il resto: quali problemi, quali rinunce, quali ingiustizie la categoria rischia di patire con la (parziale) liberalizzazione del settore. E ha anzi molto insistito con il conduttore affinché si parlasse di cifre e di aspetti concreti. Ma uno dei dati decisivi per formarsi un´opinione sulla questione – quanto guadagna una farmacia bene avviata – è stato platealmente omesso. È francamente incomprensibile la reticenza degli italiani riguardo ai quattrini: sono diventati, per come va il mondo, il segno dei segni, la regola delle regole, eppure quando si tratta di dire quanto si guadagna il discorso si fa pudico e omertoso, come se si stesse parlando di sesso. Questo rende molto più complicato, e forse insolubile, il discorso sulle cose economiche, perché il nocciolo se ne resta nascosto dentro una densa polpa fatta solo di lamentele e autocommiserazione, come se ogni categoria professionale fosse in ginocchio, bistrattata, discriminata. Guadagnare bene non è una colpa, e anzi, se si pagano le tasse, è un merito e un vantaggio per tutta la comunità. Quando lo avremo capito saremo un paese meno infantile e meno querimonioso. 
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