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LA REPUBBLICA del 19 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Con tutto il rispetto per la Lega, che è un influente partito locale e una componente importante del governo nazionale, questa attesa spasmodica di Pontida, e di quello che dirà il Bossi sul fatidico pratone, è abbastanza buffa. Nessuna agenda politica seria può essere dettata da un comizio, per quanto solenne, e che un governo cada o non cada per qualche frase benevola o malevola, per qualche tono ringhioso o conciliante, è piuttosto surreale. Se i partiti ricominciassero a funzionare da ricettori sociali, e non da consorterie che confabulano tra loro, i destini di questo governo (e di qualunque altro governo) sarebbero segnati da tempo: dalla doppia catastrofe elettorale, dal dramma del lavoro salariato che annaspa, dai pessimi conti pubblici, da una riforma fiscale promessa dal premier cento anni fa, mai fatta e adesso abborracciata in tre minuti (a parole) per fare finta che tutto sia arrangiabile. Rispetto a tutto questo – cioè rispetto alla realtà sociale – francamente quello che dirà Bossi può essere al massimo un regolamento di conti tra colleghi, o un chiassoso titolone di giornale, poco di più. Se poi dovesse dire niente di sostanzioso, il lungo computo del tempo perso sarà aumentato di un paio di settimane, trascorse ad aspettare Pontida. Che tra l´altro non è neanche Parigi. Per dire. 

LA REPUBBLICA del 3 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il goffo, spregevole trucco del governo per evitare il referendum sul nucleare, a rivederlo adesso dopo la sentenza della Cassazione, sembra esattamente quello che è: un goffo, spregevole trucco. Fino a pochi giorni fa eravamo rassegnati a considerare sortite del genere, malgrado la loro oggettiva miseria politica, come il colpo di mano di un abilissimo baro, che falsa le carte ma riscuote l´applauso di un pubblico stregato dalla sua faccia tosta. Ora che l´applauso sta mutando, inesorabilmente, in fischi e pernacchie, non basta godersi il pur legittimo sollievo. Dobbiamo chiederci su quali debolezze, quali credulità, quali complicità il baro ha potuto costruire, per vent´anni, un consenso così vasto e appassionato. L´Italia non può essere cambiata in pochi mesi, sia pure i primi mesi fatidici del 2011, anno del centocinquantenario e della impetuosa riscoperta di un´identità civile. Vent´anni di incantesimo non si cancellano così in fretta. Vorrei ricordare che il Parlamento di questo Paese, pochi mesi fa, ha votato in maggioranza, e scandalosamente, in favore di un bugia conclamata: che Berlusconi abbia telefonato alla questura di Milano per evitare un incidente diplomatico con Mubarak e la sua nipotina. Veniamo da troppe menzogne, da troppe vergogne, da troppo servilismo, da troppe prepotenze per poterci illudere che tutto sia finito così facilmente.
 
 

LA REPUBBLICA del 4 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
l riformista Piero Borghini (che fu brevemente sindaco di Milano alla testa di una delle maggioranze più pasticciate, deboli e politicamente equivoche della storia cittadina) si dice contento della vittoria (riformista, naturalmente) di Pisapia. Ma ne approfitta per sbeffeggiare Vendola, "poetastro di Bari", forse senza rendersi conto che Pisapia ha iniziato la sua corsa proprio come candidato del poetastro. Che anche grazie al poetastro, e al lavoro politico dei suoi, sono tornati al voto moltitudini di elettori di sinistra che da tempo vedevano le urne come il fumo negli occhi. E – soprattutto – che il poetastro non suole riservare ai "riformisti" lo stesso ostracismo, molto ideologico, che non di rado arriva a bollarlo di "estremismo". Sarebbe davvero il colmo che in questa fase, così aperta e nuova, così insofferente delle etichette di partito, fossero proprio i cosiddetti riformisti a mettere i puntini sulle i (altrui), riaccendendo un dibattito logoro, e travolto dal voto, sulla "linea politica" più giusta. Colpisce che molti "estremisti" (Pisapia viene da Rifondazione) appaiano molto più pragmatici, ragionevoli, aperti ad alleanze anche inedite, capaci di coinvolgere elettori anche lontani tra loro, rispetto a quel "riformismo" che discetta sulle vittorie "troppo di sinistra". 

LA REPUBBLICA del 21 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Luigi de Magistris, eletto sindaco di Napoli a furor di popolo, e con grave smacco dei vecchi potentati di destra e di sinistra, si è tolto subito il peso del primo errore e ha imparato, di conseguenza, la prima lezione: mai promettere soluzioni rapide e miracolose, perché le piaghe vecchie di molti anni non si rimarginano per acclamazione. La realtà è un osso duro, e si incarognisce soprattutto con chi si illude di ignorarla. Le cordigliere di monnezza che ancora circondano Napoli sono il portato di un tenace, stratificato mix di errori politici, truffe e speculazioni, deficit di cultura civica. Meglio sarebbe stato (anche per distinguersi dal vecchio andazzo) dire «ce la metteremo tutta, ma non sono in grado di promettervi un D-day miracoloso, siamo nella merda fino al collo e per liberarcene davvero ci vorrà il lavoro di anni, forse di generazioni». Perché de Magistris non lo ha fatto? Forse per il comprensibile entusiasmo del neofita, forse perché il meccanismo pavloviano frase virtuosa-ovazione della folla, che in campagna elettorale ha il suo peso, è un meccanismo difficile da disinnescare. Il giovane sindaco ha più di mezza Napoli (e di mezza Italia) dalla sua parte. Lavori molto, non prometta nulla e forse riuscirà a farcela. 

LA REPUBBLICA del 31 maggio 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Ieri, lunedì 30 maggio 2011, verso le quattro del pomeriggio, sono finiti per sempre gli anni Ottanta italiani, il decennio più lungo della storia del mondo. È finita la politica del cerone e delle facce rifatte, delle convention, delle escort, delle olgettine, degli spot, della tivù dei telegatti e delle cerimonie di corte, dell´edonismo finto-allegro, dell´ignoranza caciarona spacciata per genuinità popolare (ingannando atrocemente il popolo). È finita la fiction. Quello che verrà dopo, non lo sappiamo. Ma sappiamo, finalmente, che un dopo esiste, e questo bastava, a Milano e altrove, per abbracciarsi con gli occhi pieni di benedette lacrime. Voglio dedicare questo giorno di felicità e di liberazione ai due o trecento ragazzini salariati che ho incontrato in piazza del Duomo al comizio di chiusura della Moratti: facevano pensare a una vecchia canzone di Gaber: "Non sanno se ridere o piangere, batton le mani". Il set che, di qui in poi, verrà inesorabilmente smontato era anche il loro set. Vorrei tanto che anche per loro cambiasse qualcosa. Io vengo da una famiglia di destra, e non era una destra così triste. Era una destra onesta, silenziosa, sobria, borghese. È stato un bel luogo dove crescere, e un bel luogo dal quale fuggire verso la mia vita. Quello che Berlusconi ha fatto alla destra italiana è spaventoso. Non gli potrà mai essere perdonato. 

LA REPUBBLICA del 5 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il ruolo di Internet, per la formazione e l´orientamento del voto giovanile, è stato determinante. Lo aveva previsto tra i primi, parecchi anni fa, Beppe Grillo, che sul web ha poi organizzato il suo movimento politico, raccolto consensi, diffuso informazioni introvabili sui giornali, applicato una sorta di "democrazia diretta", post-partitica, bollata di "anti-politica" pur essendo attivamente politica, anche se fuori dalle griglie ideologiche note. Poi, però, è accaduto che una parte cospicua del popolo di Internet, applicando alla lettera le promesse-premesse di autonomia anti-gerarchica insite nella rete, non abbia dato retta al suo leader più popolare, che sosteneva non esservi differenze rilevanti tra destra e sinistra, e abbia votato massicciamente a sinistra. Non so che cosa pensino, questi elettori, quando Grillo chiama Pisapia "Pisapippa", dimostrando l´impressionante rifiuto di fare i conti con la realtà delle cose, con i mutamenti sociali e culturali, perfino con i numeri. Ma una cosa è certa: decine di migliaia di "grillini", a Milano e altrove, hanno potuto e voluto contare qualcosa solo come parte di una coalizione. Perché anche attraverso Internet, il contatto con altre realtà, lo scambio di idee, il dibattito, hanno deciso che tra sinistra e destra qualche differenza sostanziale c´è. Aveva ragione Grillo: il web è potentissimo. Tanto potente da dargli torto. 

LA REPUBBLICA del 15 giugno 2011 

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Tra le dichiarazioni sull´esito dei referendum, suona strepitosa (e vince il Nobel del 2011 per il dadaismo) quella del ministro per lo Sviluppo Paolo Romani: «Sul nucleare i cittadini ci hanno dato ragione, confermando la moratoria varata dal governo dopo Fukushima». Il fatto che quella moratoria sia stata abborracciata in fretta e furia per cercare di affondare il referendum (e di posticipare il nucleare) deve parere al ministro Romani un trascurabile dettaglio. Poiché Romani non è, tra i governanti, uno dei più sconnessi o caciaroni o improvvidi, ci si domanda come abbia potuto elaborare, e per giunta diffondere in pubblico, un concetto così deragliante. La sola spiegazione possibile è che perdere la testa, in aggiunta alla faccia, è tipico delle compagini in preda al panico. A un elettorato (sto parlando del loro) che mostra segni evidenti di disaffezione, specie perché è stanco di mezzucci e di frottole, rispondere con una frase che contiene una frottola (gli italiani ci hanno dato ragione) a proposito di un mezzuccio (la moratoria) è di un masochismo impressionante. Si capisce che sentirsi in bilico non è piacevole, e non favorisce la saldezza di nervi. Ma quel poco di compartecipazione, perfino di solidarietà che viene istintivo destinare ai soccombenti, francamente svanisce di fronte a un soccombente che, invece di darsi un contegno, fa il gesto dell´ombrello. 

LA REPUBBLICA del 22 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Al netto della sua complicatissima lettura giudiziaria (è duro, in quel pappa e ciccia, distinguere tra i reati e le "normali" scorrettezze), il caso Bisignani conferma, purtroppo, la grave incompiutezza della nostra democrazia. L´idea che si faccia carriera e si concludano affari non per merito, ma perché si conosce qualcuno, si è amici di qualcun altro, si è bene introdotti nelle stanze che contano, è semplicemente anti-democratica. È un insopportabile affronto al talento dei solitari, al sudore e al lavoro dei non affiliati e dei non arruolati, alla speranza di farcela con le proprie forze e il proprio valore. È il contrario esatto dell´American Dream, è una cappa illiberale, mafioseggiante, è il potere dei soliti che se lo amministrano al riparo da ogni trasparenza. Sono nato a Roma e ne sono orgoglioso, ma quella Roma lì è terribile. Ingoia e digerisce qualunque cambio di regime, amministra poltrone e somministra veleni, gestisce perfino il lavoro parlamentare con intenzioni e metodi extraparlamentari. Danneggia ed esclude chi non ne fa parte, ma invischia e compromette chi ne fa parte fino a fargli perdere autonomia politica e indipendenza personale. Blandisce e ricatta. Quella Roma lì è la vera antipolitica, il vero anti-Stato, la vera falla nello scafo del Paese. Ce ne libereremo mai? Generazioni e governi sono trascorsi a frotte senza che accadesse. Sperare è obbligatorio. Illudersi, pericoloso. 

LA REPUBBLICA del 8 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
La piazzata delle cameriere d´albergo (in alta uniforme) contro Strauss-Kahn non è certo un esempio edificante: non sono le urla di strada, è la legge a dover giudicare. Eppure, l´umiltà sociale delle manifestanti (in larga parte afroamericane), di contro all´altissimo rango di un imputato che attende la sentenza in una dimora stellare, ci dice qualcosa che va ben oltre le intemperanze forcaiole. Ci dice che il nervo della diseguaglianza (qui doppia: il ricco e le povere, il maschio di potere e le femmine senza status) è scoperto, e duole forse più di sempre. La lunga rimozione degli ultimi anni non riesce più a occultare una divaricazione di censo, e di potere, che confligge non solamente con la perduta speranza socialista, ma anche con le promesse abortite del libero mercato. Per giunta, la malevola regia del Caso ha voluto che il ricchissimo accusato sia leader di una delle sinistre più forti e nobili del mondo, quella francese. Quasi a dirci che la confusione, sotto il cielo, dev´essere grandissima se un leader della gauche planetaria, ostentatamente facoltoso, si ritrova a essere detestato come simbolo dell´arroganza del denaro. Forse gli arresti domiciliari in un bilocale con vista sui bidoni della spazzatura non sarebbero bastati a rimettere le cose a posto. Di certo, la magione da 50mila dollari al mese le ha messe ancora più in disordine. 

LA REPUBBLICA del 24 giugno 2011 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Nella Milano di Pisapia, il nuovo consiglio d´amministrazione della nettezza urbana, appena eletto, non conta la presenza di politici, ma solo di tecnici espressi dall´azienda medesima. Sembra incredibile, ma si tratta di una rivoluzione: la giunta Moratti, prevedendo di rivincere le elezioni, aveva già in animo di destinare quelle poltrone a un paio di assessori, secondo la tradizione (ovviamente non solo milanese, e non solo di destra) che intende le aziende pubbliche come indotto della politica e dei partiti politici. Siamo di fronte, dunque, a una notizia cattiva e a una buona. Quella cattiva è che il nostro Paese è così malridotto, specie sotto il profilo dei rapporti tra eletti ed elettori, e della trasparenza degli scopi e dei mezzi della politica, che la normalissima scelta di affidare un´azienda pubblica ai tecnici (dunque a sé stessa) sottraendola al poltronificio dei partiti, è un fatto di per sé clamoroso. La notizia buona è che in un Paese così incrostato, vecchio, malgovernato e immobile, bastano un gesto pulito, una scelta indipendente, un segno di novità per dare l´impressione che tutto possa cambiare. Anche se è cambiata solo l´azienda di nettezza urbana di Milano. Fino a un paio di mesi fa, eravamo sicuri che non sarebbe mai cambiata nemmeno quella. 
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