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LA REPUBBLICA del 3 febbraio 2011  

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
A Casoria (Italia) c’ è un piccolo museo di arte contemporanea. Il suo direttore, Antonio Manfredi, esasperato dalle intimidazioni di camorra e dai continui vandalismi, ha chiesto per iscritto "asilo politico-culturale" alla Germania, nella persona del cancelliere Merkel, specificando che il "gesto estremo, che può sembrare provocatorio, è per noi l’ ultima possibilità". A parte l’ ovvia ma fraterna solidarietà a Manfredi e al museo assediato dall’ ignoranzae dalla violenza, c’ è da chiedersi se una così inaudita notizia (un museo italiano che chiede asilo e salvezza all’ estero) avrà adeguato riscontro politico. E cioè se il ministro della Cultura Bondi e il presidente del Consiglio Berlusconi vorranno – anche per formale cortesia – dire qualcosa o addirittura fare qualcosa. Non bastasse la nuova emigrazione qualificata, diplomati, laureati e ricercatori che cercano di organizzare la fuga, sono i quadri di un museo a temere che nella cintura napoletana, per loro, non ci sia futuro. Sempre che non vogliano, quei quadrie quel museo, chiedere la benevola protezione di una delle simpatiche "famiglie" locali, magari in cambio di un paio di tele da appendere sopra la Jacuzzi. E sempre che un direttore così irriducibile non venga insignito anche lui, come Saviano, del titolo di rompicoglioni, o di "professionista dell’ antimafia".

LA REPUBBLICA del 5 febbraio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Dunque. La Camera dei deputati del vostro e mio Paese ha votato, a maggioranza, a favore della seguente tesi: Silvio Berlusconi telefonò alla Questura di Milano perché effettivamente convinto che la minorenne marocchina ivi trattenuta fosse la nipote di Mubarak, e di conseguenza era "preoccupato di tutelare le relazioni internazionali" (sono le parole testuali dell’onorevole Maurizio Paniz, del Pdl). Le ipotesi interpretative, secondo logica, sono due e due soltanto. Prima ipotesi: 315 deputati della Repubblica hanno avallato con il loro voto questa ricostruzione perché convinti che sia vera. Ne consegue che considerano il (loro) presidente del Consiglio uno scemo totale, così sprovvisto di discernimento da poter credere che una delle signorine prezzolate conosciute a Arcore fosse la nipote di un capo di Stato, e avendolo saputo, per giunta, di averla ugualmente scritturata per i suoi festini. Secondo caso: i 315 deputati hanno sottoscritto questa esilarante storiella sapendo perfettamente che è una balla. Ma preferiscono sottoscrivere il falso piuttosto che ammettere che il (loro) presidente del Consiglio possa finire davanti ai giudici per una malinconica faccenda di prostituzione minorile. Dopo il voto vittorioso, parecchi nella maggioranza ridevano. Di che cosa è difficile dire, visto che con il loro voto hanno certificato di essere o dei sostenitori di un cretino, o dei pubblici mentitori.

LA REPUBBLICA del 18 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Dire "epidemia di pazzia" credo sia anti-scientifico, la pazzia non è un virus e dunque non contagia. Ma molte delle notizie italiane di questo periodo non trovano altra spiegazione plausibile. Per esempio: è nato un nuovo gruppo parlamentare (credo sia il duecentesimo), si chiamerà "Per le autonomie", e chi volesse coglierne la natura e le ragioni politiche deve fare riferimento a questa dichiarazione della senatrice Helga Thaler, promotrice del gruppo: «Non saremo l´equivalente dei Responsabili, vogliamo restare dove siamo e cioè in difesa delle autonomie senza schierarci né con la maggioranza, né con il terzo polo, né con la destra, né con la sinistra». Credo che neppure la senatrice Thaler (alla quale vanno i nostri affettuosi auguri) pretenda di avere detto qualcosa di comprensibile. Forse è un quiz, forse uno scherzo, forse una notizia falsa (non esistono né il gruppo "Per le autonomie" né la senatice Thaler), forse l´imprecisato luogo al quale allude la senatrice (né con la maggioranza, né con il terzo polo, né con la destra, né con la sinistra) esiste davvero nella Quarta Dimensione o nell´Oltretomba, forse il Cappellaio Matto o i sette nani o Caronte conoscono il percorso che porta fino a lì, anche se "lì", spiega Thaler, è "restare dove siamo". Manca una riga alla fine. Scrivo sedia, ornitorinco e Atlantic City, tanto è uguale. 

LA REPUBBLICA del 6 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Nella sarabanda di vado, vengo, torno, rimango dei vari deputati nei vari gruppi parlamentari si cerca invano un bandolo politico, qualcosa che rimandi alla famosa "battaglia delle idee". Nel nome della quale ci si è scannati per secoli, allegando però a quelle pratiche cruente il non piccolo codicillo di sapere perché, per cosa ci si scannava. Ora le porte sbattono, e gli insulti volano, all’ insegna di un minuto e misterioso narcisismo, illeggibile se non dai diretti protagonisti. Detto "io" si crede di avere detto tutto, come se quell’ io bastasse, da sé, a motivare lo strappo, il tradimento, il pentimento. Se le ideologie erano sistemi troppo rigidi, che imponevano discipline e gerarchie para-militari (militare e militante sono termini quasi sovrapponibili), ora ciascuno risponde solo a se stesso. Ma il "se stesso" è un attore troppo fragile, perché espone – ben più del discrimine ideologico – alle accuse di avidità, cialtroneria, indegnità morale che infatti si affastellano contro i vari transfughi. Sarebbero derisi e disprezzati con meno foga se potessero dire di avere tradito, o tramato, o ceduto perché sopraffatti da cause più grandi di loro (il socialismo, il libero mercato, la monarchia, Dio, varie ed eventuali). Invece fanno tutto per se stessi, e se uno non è perlomeno Gandhi o Mandela o Bonaparte, agire per se stesso è davvero il più futile dei moventi.

LA REPUBBLICA del 19 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Ieri le telefonate a Radio Padania schiumavano rabbia e indignazione per lo show tricolore di Benigni a Sanremo. Era prevedibile, ed è comprensibile. In vent’ anni di irresistibile ascesa, la Lega non ha incontrato sul suo cammino anti-nazionale che sparute, timide resistenze. I suoi capi e i suoi militanti si erano trovati nella fortunata (ma ingannevole) condizione di chi guida contromano senza incontrare nessuno nella corsia opposta, fino a convincersi che non esista flusso contrario. Grazie alla quasi fortuita circostanza del centocinquantenario (anche il Caso è motore della Storia), la Lega si trova di fronte, senza aspettarselo, un muro. E per giunta un muro di popolo (65 per cento l’ audience di Benigni!) che non è liquidabile con il tradizionale spregio per i «salotti», i «comunisti», gli intellettuali. Esiste l’ Italia e soprattutto esistono gli italiani, questo il sorprendente contrattempo che, a caldo, fa imbufalire la gente del Carroccio. A freddo, se è vero come dicono che Bossi è un capo saggio e navigato, sarà interessante capire se e quanto la Lega sarà capace di prendere atto di una realtà nuova, che la ricolloca (anche al Nord) nel suo naturale e legittimo ruolo di minoranza politica e soprattutto di minoranza identitaria: la stragrande maggioranza degli italiani si sente italiana. Prima ne prenderanno atto, meglio sarà per tutti.

LA REPUBBLICA del 16 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Mentre i sondaggi, e più in generale l’umore del Paese, lasciano intendere la possibilità di un’alternativa politica, lo scambio di insolenze tra Grillo e De Magistris ci riporta alla realtà. L’opposizione è un campo di battaglia tra leader e leaderini occupatissimi a vantare una caratura di "purezza" superiore a quella del vicino di pianerottolo. Queste persone sono terminali di speranze, di umori di cambiamento, di voti (specie giovanili). Ma evidentemente non se ne sentono responsabili. Da solo, ognuno di loro conta come il due di picche (anche se presume di essere almeno il tre), eppure maneggia la sua scheggia di consenso come un’arma contro la concorrenza. Primo tra gli ultimi: questo è evidentemente l’obiettivo che si danno questi concessionari della pubblica indignazione.
 
A sinistra del Pd, e comunque fuori da esso, c’è una marea di voti dispersa in cento rivoli. Tra i voti in sonno degli astensionisti (milioni) e il voto irrequieto che si riversa su Idv, Sel, Cinque Stelle, Verdi e altre particole, stiamo parlando di un quinto e forse un quarto dell’elettorato italiano: il doppio della Lega. Non solo l’umiltà, anche l’intelligenza vorrebbe che i gestori di questo patrimonio non lo dilapidassero. Dei loro sbocchi di narcisismo noi non sappiamo che farcene. Berlusconi sì. 

LA REPUBBLICA del 20 febbraio 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Non credo che i tre anziani borghesoni milanesi che al Dal Verme inveivano contro l’inviato di "Anno zero" fossero di sinistra. Non lo sono neanche le duchessee contesse romane che hanno organizzato una cena pro-Silvio. Non lo sono la maggior parte dei confindustriali e degli italiani ricchi. E l’analisi del voto, città per città, conferma che nei quartieri del centro, tradizionale habitat degli italiani di censo alto, prevale il voto a destra: come da sempre. Come è nata, allora, la vulgata politica di questi anni secondo la quale il popolo tende a destra, la borghesia a sinistra? È nata per solide ragioni di propaganda: quando la destra non è più liberale (e dunque borghese) ma è populista, diventa fondamentale ingigantire la sua composizione popolare. La seconda ragione è culturale. Prevalentemente di sinistra sono, loro sì, i ceti intellettuali (professori, insegnanti, mondo della culturae dello spettacolo), edè in odio a loro che la destra alimenta l’onda di spregio contro i "radical chic". I tre abbienti milanesi che circondavano minacciosi il santoriano Formigli erano certamente più ricchi di lui (anche se più volgari), ma dandogli del "radical chic" potevano travestirsi da animosi protestatari che insorgono contro un privilegiato. Il geniale trucco della destra berlusconiana è esattamente questo: essere al potere, e con il culo al caldo, ma dare a bere ai suoi elettori che stanno facendo la rivoluzione. 

LA REPUBBLICA del 15 novembre 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Dal Canada mio cugino mi manda una mail di mezza riga: "Enfin il est parti, le clown…". Finalmente se n´è andato, il clown. Sintetico. E terribile. Mi sembra che nelle dotte analisi di questi giorni non sia compreso quel sentimento di umiliazione e insieme di incredulità che è stato l´anima del cosiddetto "antiberlusconismo". Era qualcosa che andava molto al di là della passione politica (e proprio per questo suonano incongrue le polemiche sulla faziosità degli italiani). Era qualcosa che riguardava i modi e i toni dello stare al mondo, andando a toccare il nervo profondo, profondissimo della misura umana. Le frasi dei padri: "Non ti vantare, solo gli sciocchi si vantano". Quel disagio per gli eccessi del denaro e del potere, e per gli eccessi in genere, che è, tra le virtù democratiche, la più spontanea, la più popolare e la meno ideologica. Quell´imbarazzo tremendo (quasi vergognandosi in sua vece) per l´egolatria puerile, rumorosa, invadente, insana in un adulto, patologica nel capo di una democrazia. Quel non trovare più traccia, nel suo volto, nelle sue parole, nelle sue cerimonie aliene, di niente che ci ricordasse le nostre origini borghesi, operaie, contadine. Quell´idea delle donne. Quel sentirci, a milioni, stranieri in patria. Quel sentirci, per giunta, incapaci di spiegare a tutti, anche ai suoi elettori, che non era la politica, a farci stare così male. 

LA REPUBBLICA del 2 marzo 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Se un giornale di sinistra proponesse ai suoi lettori un "Diario di Stalin" a puntate, i suoi lettori telefonerebbero al direttore per chiedergli se è uscito di senno, e se non si vergogna. Feltri e Belpietro, mettendoci la faccia, possono invece lietamente pubblicizzare i loro "Diari di Mussolini" (by Dell’ Utri) senza ombra di imbarazzo, e forse guadagnando qualche copia. Tanti passi indietro ha compiuto, negli anni di Berlusconi, la destra italiana, che un gadget per nostalgici può essere tranquillamente spacciato per divulgazione storica, e le minute retroguardie fasciste che si accontentavano, fino a pochi anni fa, di vivacchiare negli interstizi della pubblicistica nazionale (là dove la ficcava Montanelli), oggi vedono la loro bandiera sventolare sul pennone più alto del secondo quotidiano della destra di governo. Che sia una cattiva notizia per la povera democrazia italiana, è un’ ovvietà. Meno ovvio, ma altrettanto rilevante, è che questo ducismo a fascicoli è una pessima notizia per la destra, così affannosamente in cerca di una sua rivincita culturale da incartare le sue peggiori memorie dentro i suoi migliori anni di potere politico. Vincere non ha ingentilito la destra nostrana, l’ ha ingaglioffita e fascistizzata. 

LA REPUBBLICA del 22 febbraio 2011

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Questo giornale ha pubblicato ieri un´intervista seria e incalzante al candidato sindaco di Milano Giuliano Pisapia a proposito del suo coinvolgimento indiretto nella vicenda degli affitti di case di proprietà di enti pubblici. Pisapia, che è un galantuomo, ha spiegato (con rammarico perfino eccessivo) che l´affitto della sua attuale compagna (stipulato vent´anni fa e scaduto nel 2008!) è un problema del quale avrebbe dovuto preoccuparsi più tempestivamente. Due considerazioni. La prima: quando leggeremo su un giornale di destra un´intervista altrettanto rigorosa (nelle domande e nelle risposte) a una personalità pubblica di destra coinvolta in scandali veri o gonfiati, sarà un bel giorno per questo Paese. La seconda: nel clima truce e urlante di questi anni, è un palese obiettivo politico intorbidare le acque e confondere dimensioni e gravità delle colpe, da quelle evidenti a quelle presunte. Partecipare alle varie cosche del malaffare e degli appalti deviati, e fidanzarsi con una persona che fu intestataria di un affitto inferiore ai prezzi di mercato non è, ovviamente, la stessa cosa. Interesse del lupo è sostenere che l´agnello è il carnefice, lui la vittima. La diceria dell´untore è che tutti abbiamo la peste, e di conseguenza nessuno è integro, nessuno salvo, nessuno in diritto di giudicare. Vale ripeterlo ogni volta che il lupo ripete il suo verso. 
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