LA REPUBBLICA del 15 giugno 2011
Tra le dichiarazioni sull´esito dei referendum, suona strepitosa (e vince il Nobel del 2011 per il dadaismo) quella del ministro per lo Sviluppo Paolo Romani: «Sul nucleare i cittadini ci hanno dato ragione, confermando la moratoria varata dal governo dopo Fukushima». Il fatto che quella moratoria sia stata abborracciata in fretta e furia per cercare di affondare il referendum (e di posticipare il nucleare) deve parere al ministro Romani un trascurabile dettaglio. Poiché Romani non è, tra i governanti, uno dei più sconnessi o caciaroni o improvvidi, ci si domanda come abbia potuto elaborare, e per giunta diffondere in pubblico, un concetto così deragliante. La sola spiegazione possibile è che perdere la testa, in aggiunta alla faccia, è tipico delle compagini in preda al panico. A un elettorato (sto parlando del loro) che mostra segni evidenti di disaffezione, specie perché è stanco di mezzucci e di frottole, rispondere con una frase che contiene una frottola (gli italiani ci hanno dato ragione) a proposito di un mezzuccio (la moratoria) è di un masochismo impressionante. Si capisce che sentirsi in bilico non è piacevole, e non favorisce la saldezza di nervi. Ma quel poco di compartecipazione, perfino di solidarietà che viene istintivo destinare ai soccombenti, francamente svanisce di fronte a un soccombente che, invece di darsi un contegno, fa il gesto dell´ombrello.
LA REPUBBLICA del 31 maggio 2011
Ieri, lunedì 30 maggio 2011, verso le quattro del pomeriggio, sono finiti per sempre gli anni Ottanta italiani, il decennio più lungo della storia del mondo. È finita la politica del cerone e delle facce rifatte, delle convention, delle escort, delle olgettine, degli spot, della tivù dei telegatti e delle cerimonie di corte, dell´edonismo finto-allegro, dell´ignoranza caciarona spacciata per genuinità popolare (ingannando atrocemente il popolo). È finita la fiction. Quello che verrà dopo, non lo sappiamo. Ma sappiamo, finalmente, che un dopo esiste, e questo bastava, a Milano e altrove, per abbracciarsi con gli occhi pieni di benedette lacrime. Voglio dedicare questo giorno di felicità e di liberazione ai due o trecento ragazzini salariati che ho incontrato in piazza del Duomo al comizio di chiusura della Moratti: facevano pensare a una vecchia canzone di Gaber: "Non sanno se ridere o piangere, batton le mani". Il set che, di qui in poi, verrà inesorabilmente smontato era anche il loro set. Vorrei tanto che anche per loro cambiasse qualcosa. Io vengo da una famiglia di destra, e non era una destra così triste. Era una destra onesta, silenziosa, sobria, borghese. È stato un bel luogo dove crescere, e un bel luogo dal quale fuggire verso la mia vita. Quello che Berlusconi ha fatto alla destra italiana è spaventoso. Non gli potrà mai essere perdonato.
LA REPUBBLICA del 27 maggio 2011
Non vorrei che, dopo avere monopolizzato per vent´anni i nostri sentimenti pubblici (ira, vergogna, e quella forma definitiva di avvilimento che è la noia), il nostro premier riuscisse a strapparci anche qualche stilla di commiserazione. Quello che è andato a disturbare Obama per metterlo a parte di certe sue manie (i giudici cattivi, eccetera) non è il Caimano, è un signore anziano, stanco, preoccupato, che riceve in cambio solo lo sguardo assente di chi ha ben altro per la testa. Il Berlusconi di Deuville, per la prima volta, fa più pena che rabbia, ed è anche questo un segno dei tempi che cambiano. D´improvviso ci sembra un caratterista, una figuretta marginale che si intrufola in un vertice mondiale per rubare all´ordine del giorno uno spicchio di attenzione, e per chiedere udienza (non concessa) al più potente tra i potenti. Non avendo altra misura delle cose che se medesimo, è un uomo in balia del proprio umore e dei propri casi privati. Quando era allegro il suo contributo alla politica mondiale erano le barzellette e le pose spiritose per i fotografi. Oggi che è triste lo si vede vagare attorno al tavolo del mondo, indifferente all´ordine del giorno, al protocollo, al suo ruolo pubblico, e attaccare la solita pippa della persecuzione giudiziaria al povero Obama. In parole semplici: è uno che non sa fare il proprio lavoro. Quando perderà, è solo per questo che avrà perso.
LA REPUBBLICA del 1 giugno 2011
Il centrosinistra non è la somma (variabile) dei partiti che lo compongono. È molto di più, qualitativamente e (soprattutto) quantitativamente. È la somma dei cittadini italiani disposti a votarlo, ai quali importa nulla se il candidato è del Pd, di Sel, dell´Idv o altro: basta che sia un candidato credibile, e che sia scelto con le primarie, e sarà il candidato di tutti. Questa, in sintesi, è la lezione di questo fantastico voto. Ora si tratta di capire se i leader hanno fatto lo stesso salto di qualità dei loro elettori. O se qualcuno ha ancora intenzione di mestare nel fondo disseccato della vecchia politica, pasticciando con accordi di vertice, patti opachi, spartizioni di potere, furbate tattiche, sgambetti reciproci tra i dinosauri della nomenklatura. Costoro, se come Berlusconi non hanno avuto il tempo per stabilire la data del loro funerale, facciano almeno lo sforzo di stabilire la data della loro resa incondizionata alla volontà del loro stesso popolo. Mettano i loro incarichi, le loro fondazioni, le loro logore reputazioni di ex-strateghi a disposizione del movimento, evitando di disturbare chi ha vinto e scoprendo – meglio tardi che mai – il piacere dell´umiltà. Lavorino per gli altri e non per se stessi. La smettano di spiegarci che cosa dobbiamo fare. E ci chiedano: "Che cosa vi serve?"
LA REPUBBLICA del 12 maggio 2011
Che squallore il colpo basso della signora Moratti ai danni di Giuliano Pisapia, sferrato quasi fuori tempo massimo così che l´avversario non potesse nemmeno replicare. E che autogol: un´assoluzione piena (caparbiamente voluta anche se il reato era già amnistiato) spacciata per grave colpa, e proprio da parte di chi ha fatto campagna elettorale sotto l´ala protettrice del re delle prescrizioni, delle amnistie, del non-giudizio come regola difensiva. Ci si domanda, ogni volta, perché la destra più potente e votata dell´intera storia italiana non abbia trovato, nell´esercizio del suo potere e dei suoi affari, pacatezza, equilibrio, fiducia in se stessa, giustificando in qualche maniera quell´attributo di "moderata" della quale Moratti si è auto-insignita pochi secondi prima di aggredire il suo avversario come una Santanchè appena più compunta. Una stampa sbraitante, calunniosa, sovreccitata, un leader ormai quasi folle nelle sue quotidiane urla di impunità e di astio contro "i signori della sinistra", un alleato di governo che colleziona ogni giorno volgarità razziste, un candidato che chiama "brigatisti" i giudici, ora anche un sindaco in carica che balbetta accuse mal documentate infiammando una campagna elettorale fin qui quasi civile: sarebbero questi i "moderati"? Il post-comunista Pisapia, al confronto, è un´icona della pacatezza. Se davvero i milanesi volessero un sindaco moderato, vincerebbe a mani basse Pisapia.
LA REPUBBLICA del 21 maggio 2011
Le "sorprese" si fanno ai bambini: vieni Carluccio, che papà ti ha portato una sorpresa. È dunque una inconsueta proprietà di linguaggio quella sfoderata dal ministro Calderoli annunciando "una sorpresa per gli elettori milanesi". Sorpresa è la parola perfetta per chi vede negli elettori dei bambini da incantare, non dei cittadini da servire. E lo sconticino fiscale escogitato in fretta e furia alla vigilia del ballottaggio rimanda diritti ad altre dazioni, alcune pittoresche altre solo squallide, tipiche del peggior paternalismo politico nazionale, dai pacchi di pasta alle scarpe (la destra adesso, la sinistra solo se mi eleggono). Un laurismo a scoppio ritardato che, applicato alla Milano del 2010, non può che irritare ulteriormente un elettorato che non sa che farsene delle "sorprese", e cerca faticosamente di trovare il bandolo di una città in crisi in un Paese in crisi. Conosco un gruppo di ragazzi milanesi (uno tra tanti) che in perfetta solitudine, senza mezzo soldo pubblico, sta per aprire un ostello in pieno centro, e cerca dunque di "fare impresa" così come predicano i miliardari al governo dell´Italia e di Milano. Dall´amministrazione milanese, dal governo, dalla politica hanno avuto zero agevolazioni e zero quattrini. Come volete che accolgano, a un passo dal ballottaggio, una "sorpresa" che puzza lontano un miglio di elemosina offensiva, di buffetto ruffiano?
LA REPUBBLICA del 20 aprile 2011
´Europa che cincischia sull´onda migratoria ha certamente le sue colpe, ma anche le sue attenuanti, vista l´estrema complessità (anche giuridica) del problema. Ma che attenuanti ha l´Europa che vede uno dei suoi membri, l´Ungheria, adottare una nuova Costituzione clerico-fascista, con pesantissime limitazioni dei diritti e della libertà d´espressione, e non muove neanche mezzo passo ufficiale almeno per dire "non sono d´accordo"? Ne aveva già parlato diffusamente e inutilmente (anche su questo giornale) la filosofa Agnes Heller, denunciando la sconcia campagna sciovinista del governo del signor Orban, l´odio contro gli intellettuali e i giornali "nemici della patria", il clima di fanatico richiamo alle "radici etniche", la provocatoria estensione del diritto di voto alle minoranze ungheresi che risiedono nelle nazioni limitrofe, una specie di strisciante annessione in vista di una "Grande Ungheria" (come se non ci fossero bastate la Grande Serbia, la Grande Albania e tutte le truci conseguenze delle piccole patrie che si gonfiano per sfregio del vicino di casa). Possibile che l´Europa, già secolare sentina di ogni faida religiosa, di ogni guerra mondiale e di ogni follia razzista, non abbia ancora gli anticorpi in grado di individuare e neutralizzare un virus micidiale come questo?
LA REPUBBLICA del 21 aprile 2011
Merita molta simpatia un ragazzo di vent´anni (Mattia Calise, grillino) che vuole fare il sindaco di Milano, disinteressatamente, spendendo per la sua campagna elettorale quello che Letizia Moratti spende per una messa in piega, e dichiara ai giornali, insieme a qualche comprensibile fesseria, anche molte cose giuste. Ma la simpatia non basta quando il ragazzo Mattia ripete la solfa (vecchia come il cucco) «destra e sinistra sono la stessa cosa», e mette sullo stesso piano Moratti e Pisapia, che sono due persone profondamente diverse in rappresentanza di culture diverse, interessi diversi, mondi diversi. Per i grillini tutto – tranne loro stessi – è "vecchia politica", ma in questa macina indistinta e rozza tritano persone, esperienze, ideali, comunità che hanno qualche merito da spendere, e qualche esperienza da raccontare. Non voterei mai per un candidato minore (è il caso di Mattia) che rifiuta di dirmi con chi intende allearsi in un eventuale secondo turno di ballottaggio. Il voto non è solo una nobile testimonianza, è una monetina che serve, insieme a milioni di altre monetine, a formare un patrimonio. Si va in politica, si fa politica, per battersi e spesso anche per allearsi e compromettersi. «Destra e sinistra sono uguali» non è politica né antipolitica: è un lusso per presuntuosi. La politica è umile. E fa i conti con l´imperfezione.
LA REPUBBLICA del 26 aprile 2011
A nome dell´associazione Qualcuno Fermi la Cronaca Nera, della quale sono presidente e unico iscritto, mi dichiaro entusiasta dell´esilarante incidente nel quale è incorso il Tg5, mandando in onda in pompa magna la perizia grafologica di una falsa cartolina scritta dal computer di Chi l´ha visto? e attribuita al celebre "papà delle gemelline" (nome d´arte). Siamo alla messa in scena (intervento della grafologa) su una messa in scena (falsa cartolina) di una messa in scena (la cartolina vera spedita dal probabile assassino a infanticidio avvenuto). Solo quest´ultima, che fortunatamente è nelle mani degli inquirenti e non di una redazione televisiva, appartiene all´inevitabile tragedia della realtà. Le altre due, ma soprattutto la sedicente "perizia" effettuata su una grafia che anche un bambino sa attribuire a prima vista al computer, fanno parte di quel fiorente indotto del dolore che è la "nera" televisiva, dilagante su ogni rete, padrona assoluta di molti tigì (i tre di Mediaset grondano sangue quasi da ogni titolo), presenza costante e ossessiva dei palinsesti pomeridiani. Già detto cento volte che quando "nera" e "rosa" dilagano, lo fanno a scapito di quella ragionevole indagine della realtà (e dunque della normalità) che ci aspettiamo dai media. Al nostro boicottaggio volontario (cambiare subito canale), si aggiunge il boicottaggio involontario del Tg5: è un´ottima notizia, e non di nera.
LA REPUBBLICA del 27 aprile 2011
Il pazzesco pestaggio dei due carabinieri in Toscana innesca l´inevitabile, angoscioso dibattito sulle "responsabilità degli adulti". Genitori sconvolti, autorità sbigottite, e chiunque abbia un figlio di quell´età che si chiede quanto lo conosce, e se davvero lo conosce. Tutto dolorosamente giusto, ma forse manca, e manca da troppo tempo, anche un bel dibattito sulle responsabilità dei ragazzi. La responsabilità è un peso dell´individuo: di ogni singolo individuo. Ambiente, società, educazione, modelli di comportamento hanno il loro peso, ma a guidare i pensieri, la testa, le mani è ciascun essere umano. Né la migliore società né il miglior genitore né la migliore scuola possono governare fino in fondo le azioni di un ragazzo e determinarne il destino. Forse gli adulti dovrebbero parlare meno delle loro responsabilità, e di più delle responsabilità dei loro figli. Riusciamo a essere invadenti perfino rispetto alla colpa e al dolore, parliamo dei figli come fossero sacchi vuoti che solo le nostre virtù e i nostri vizi possono riempire. Ci rimproveriamo di "parlare poco ai figli", ma i nostri genitori con noi parlavano anche meno. Era scontato che toccasse a noi (a scuola, con gli amici, poi nel lavoro) essere ciò che eravamo, diventare ciò che eravamo capaci (o no) di diventare. Anche per questo, forse, siamo diventati adulti più in fretta. In grado di affrontare una ramanzina dei carabinieri senza uscire di senno.