Archive : Category

LA REPUBBLICA del 19 luglio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Non invidio i giudici che devono indagare per “estorsione” Marcello Dell’Utri. Si tratta di fare chiarezza sulla caterva di milioni che il senatore (!!) ha ricevuto da Berlusconi. È come setacciare il Mississippi. Tra amiconi, fornitori, ragazzuole, informatori, praticoni, bisognosi e bisognose a vario titolo, i beneficiati di Berlusconi si contano a decine, e lo sfarfallio di banconote, da quelle parti, è grandioso e incessante. Lui ama vantarsene, e considera la voracità della sua corte la migliore testimonianza della sua munificenza. Perfino i suoi elettori indigenti (a conferma del fatto che la passione politica brucia il cervello) sono entusiasti di quello scialo, anche se non guadagnano in una vita (lavorando) quello che un Lavitola ha ricevuto come mancia. Tornando ai giudici, cercare di cogliere ragioni e scopi di quel pazzesco andirivieni di quattrini è praticamente impossibile. Noi cittadini ci si accontenterebbe di sapere se almeno qualcuno dei miracolati ha emesso fattura o ricevuta, tanto per dare una parvenza di liceità alla prospera industria dello scrocco fiorita attorno alle mura di Arcore. Legalizzare la prostituzione ormai è una battaglia bipartisan.

LA REPUBBLICA del 1 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
In tempi di totale confusione ideologica, si deve a Mitt Romney una definizione rozza ma piuttosto efficace di destra e sinistra: "Mentre Obama pensa al pianeta, io penso alle famiglie americane". Ne esce l´idea di una sinistra parolaia e di una destra gretta: più o meno ciò che sono. "Obama pensa al pianeta" è una perfidia ben concepita. Per l´elettorato di Romney il pianeta è solo una remota seccatura, con tutti quei Paesi dai nomi strani che ogni tanto tocca bombardare. Ma anche l´opinione pubblica liberal e di sinistra (di tutto il pianeta) vorrebbe tanto che i suoi leader fossero un poco più concreti, anche a costo di essere meno nobilmente ispirati nei loro discorsi. Quanto alla destra, cioè alle "famiglie americane" ansiose di liberarsi dall´impiccio costituito dall´esistenza, oltre la staccionata di casa, addirittura di un pianeta, hanno sicuramente trovato in Romney un rassicurante difensore. Il loro problema è che la cognizione piuttosto vaga del resto dell´umanità fa di loro, nonostante siano i cittadini della prima potenza economica, militare, politica e mediatica del mondo, dei patetici provinciali. Spesso, per giunta, con un doloroso complesso di inferiorità nei confronti di chi si permette il lusso di "pensare al pianeta". 

LA REPUBBLICA del 24 luglio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Barak Obama – che un nome se lo è conquistato, eccome – non ha voluto pronunciare il nome del miserabile assassino di Denver. La condanna all’anonimato come punizione massima per chi è disposto a qualunque nefandezza pur di uscirne. Giusto. Così giusto che fa riflettere, per esteso, sull’equivoco esiziale che guasta i sogni della società massificata: la totale confusione tra fama e valore. Si ritiene che se non si è famosi non si esiste, non si vale, ma è un falso spaventoso, è il padre di tutti i falsi. Ci sono evidenti casi di famosi farabutti e di famosi imbecilli; e di persone il cui valore, anche grande, è conosciuto da pochi, e tra quei pochi loro stessi. Ho sentito Benigni, in Santa Croce a Firenze, a commento del canto Undicesimo, dire che il lavoro umano prosegue il lavoro di Dio. Ho pensato al “lavoro ben fatto” di Primo Levi, ai tanti (e sempre più rari) esempi di persone felici del loro fabbricare, creare, mettere ordine, disporre in giustezza le cose. Il loro valore è inestimabile, e non importa quanti lo sanno (lo sa Dio, direbbe il poeta). Se si riuscisse a fare capire questo – che il valore è più della fama – ai miliardi di anonimi e ai milioni di frustrati, ci sarebbe qualche pazzo infelice di meno, e qualche traccia in più della potenza umana. 

LA REPUBBLICA del 13 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Nel pittoresco caos sollevato dall´intervista rubata al grillino Favia, è passato in sottordine il metodo, e questo non vale. Non vale perché il metodo (un fuorionda mandato in onda) fa parte, eccome, del dibattito. Il dibattito è sulla crisi etica e funzionale della politica, a partire dalle sue forme di rappresentanza, non certo escluse le forme mediatiche. A me (l´ho scritto milioni di volte) il mito della democrazia diretta via web pare ingenuo, ridicolo e anche pericoloso, ma non è che un sistema mediatico (e un dibattito politico) fondato sui fuorionda mi appaia in alcun modo rassicurante o anche soltanto decente. In questo senso, come dare torto alla grillina Federica Salsa che, raggiunta al telefono da una giornalista di "Piazza Pulita", non credendo alle sue orecchie, le ha detto: «Ma come, mi chiedi una chiacchierata informale dopo che il tuo programma ha mandato in onda un fuorionda registrato di nascosto? ». Cerco di evitare accuratamente i talk-show perché ho paura (fisica) di imbattermi in Sallusti. Di qui in poi, cercherò di evitarli anche per la paura di dover commentare un fuorionda. 

LA REPUBBLICA del 4 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Finché siamo noi della sinistra incanutita, a borbottare contro la dittatura dei mercati finanziari, possiamo anche credere di star ripetendo le solite vecchie solfe, come ufficiali in congedo nel loro circolo polveroso. Ma quando è la signora Merkel a dire che i mercati finanziari «non sono al servizio del popolo perché negli ultimi cinque anni hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza”, aggiungendo che “non bisogna consentire ai mercati di distruggere i frutti del lavoro della gente”, beh, ci sentiamo un poco rinfrancati. Forse alcune delle fole novecentesche attorno alle quali ci siamo formati — per esempio che il lavoro degli esseri umani deve avere più valore della speculazione, per il semplice fatto che vale di più — andrebbero rivalutate, visto che seducono anche una valorosa scampata al comunismo della Ddr, nemicissima dell’economia pianificata e statalizzata, leader autorevole del liberismo applicato. Non per tartufismo, ma per evidente comodità tattica, di qui in poi potremmo sempre aggiungere ad ogni critica ai mercati finanziari una postilla invincibile: “Credete che l’abbia detto Nichi Vendola? Macché! L’ha detto la Merkel”. 

LA REPUBBLICA del 23 agosto 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il senso delle istituzioni non è mai mancato agli uomini dell’ex Pci. È una virtù, specie in un paese indisciplinato e anarcoide. Ma anche una virtù, se diventa un’ossessione, può mutare in malattia. Quando, per esempio, Luciano Violante denuncia “un attacco politico mediatico contro Napolitano e Monti” ad opera di Grillo, Di Pietro e il Fatto quotidiano, forse crede di smascherare una Grosse Koalition della cosiddetta antipolitica. Sta, invece, semplicemente denunciando l’esistenza, in ordine sparso, di un’opposizione politica e giornalistica. Un’ovvietà, insomma. L’opposizione, anche in clima di emergenza nazionale, qualcuno dovrà pure farla: specie se il governo in carica gode di una straripante maggioranza parlamentare e di una quasi intatta popolarità nonostante la durezza della sua politica economica. Un eccesso di “stringiamci a coorte”, con tanto di costante rimbrotto a chi non è d’accordo, rischia di assomigliare a una specie di maccartismo “a fin di bene”, che vede in ogni forma di opposizione, giusta o sbagliata poco importa, una vera e propria alienità agli interessi della Repubblica. Di lì all’accusa di “attività antipatriottiche”, il passo non è poi così lungo. Darsi una calmata è meglio. 

LA REPUBBLICA del 5 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Se entrare nel merito aiuta a neutralizzare le urla, facciamolo. Ciò che meno condivido e meno capisco, nella cultura politica delle Cinque Stelle, è il terrore quasi superstizioso della politica come mestiere. Il mito del cittadino che si fa carico in proprio della cosa pubblica, cioè si autoelegge e poi si autodistrugge (massimo due mandati!) per non correre il rischio di divenire egli stesso parte della "casta", è suggestivo e perfino attraente, perché ravviva antichi sogni di democrazia diretta e di autogoverno. Ma ha un limite grave, e in questa fase storica gravissimo: ostacola la formazione di una nuova, vera classe dirigente, che non può nascere al di fuori di un percorso solidamente e direi duramente professionale (equo stipendio compreso). Che i meccanismi di selezione e ricambio della politica italiana siano decisamente inceppati è verissimo, e un Parlamento di nominati ne è la dimostrazione lampante. Ma una società già di suo precarizzata, che sta distruggendo i mestieri e le competenze, perché mai dovrebbe darsi una classe politica ugualmente precaria? Infine: ridurre i tempi di permanenza al potere riduce anche il rischio di disonestà? Il ladro, in così poco tempo, avrà solo più fretta di rubare. L´onesto, per un anno o per venti, servirà i suoi elettori con lo stesso rigore. 

LA REPUBBLICA del 26 luglio 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Che i quaranta milioni di “prestito infruttuoso” versati da Berlusconi a Dell’Utri siano frutto di ricatto o di semplice benevolenza, è certamente cosa della massima importanza per la Procura di Palermo. Ma a me, e spero a qualche altro patetico moralista, la cifra pare oscena a prescindere. Non solo un operaio, neanche un professionista di successo si mette in tasca, in una intera vita, una cifra così smisuratamente superiore al valore del lavoro umano. No, il denaro non è lo sterco del demonio; ma è la misura del lavoro, del sudore e del talento, di quanto ognuno di noi sa e può fare per rendersi utile alla società. Perfino la munifica paga corrisposta alle ragazzuole di corte ha una qualche attinenza col lavoro, specialmente con il sudore. Ma quaranta milioni a un senatore della Repubblica, già lautamente stipendiato, già comodamente sistemato nei piani alti della società, come si giustificano? Quaranta milioni di “prestito infruttuoso”, se anche dovessero corrispondere a una regalia volontaria, sono la bestemmia di due asociali contro gli umili e gli onesti, ovviamente compresi gli sciagurati umili e i malaccorti onesti che hanno dato il loro voto a gente di questa risma. 

LA REPUBBLICA del 6 settembre 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Sono uno dei (tanti) tifosi di Alessandro Del Piero, è un uomo intelligente e sereno, non credo che Andrea Agnelli abbia l’esatta misura di quello che la sua Juventus ha perduto congedando, con Del Piero, un pezzo di se stessa. Ora se ne va in Australia, e solamente lui può dire se a tracciare una rotta così lunga, e così insolita per un calciatore, sia un contratto irresistibile, lo spirito migrante dei veneti o il desiderio di trovare, per i suoi tre figli, un luogo dove il futuro ha qualche consistenza in più, rispetto al nostro ansimante sopravvivere. Certo è che dire “Del Piero a Sidney” è un piccolo indizio in più per valutare le nostre ristrettezze, forse anche le nostre decrepitezze. Non siamo un paese per giovani (meglio, potendo, fare studiare i figli altrove) ma neanche per vecchi, visto che un campione di trentotto anni (appena uno in più di Matteo Renzi) pur essendo una celebrità planetaria è stato messo in esubero dalla sua società come un qualunque dipendente non previsto dai piani aziendali. Lo scontro generazionale è dunque un falso storico: quando un paese perde voglia di fare, di cambiare e di inventare, non c’è età che regga il colpo, e ci si deprime tutti assieme, i vecchi e i giovani. 

LA REPUBBLICA del 2 agosto 2012 

POSTED ON August 6  - POSTED IN L'Amaca
Il nuotatore Magnini, molto seccato per gli insulti e le beffe che gli utenti di Twitter hanno dedicato al suo flop olimpico, ha annunciato di non voler avere più niente a che fare con quel social network “pieno di gente cattiva”. Gli esperti spiegano sempre ai profani (come me) che non è il web a essere “pieno di gente cattiva”, è il mondo, del quale il web è solo il fedele riflesso. C’è però una sostanziale differenza: il rumore del mondo è – come dire – facoltativo, per non sentirlo basta chiudere le finestre, o andare a camminare in montagna, o navigare a debita distanza dalle coste. L’ingresso nella loquacissima comunità di Twitter è invece volontario, in quella folla ci si va a ficcare, se ne desidera la presenza. Si suppone che Magnini, campione celebratissimo, abbia iniziato a twittare quando gli applausi erano unanimi, e a lui faceva piacere ascoltarli un po’ più da vicino. Doveva aspettarsi, però, che alla prima sconfitta, come ogni folla che si rispetti, anche quella twittante avrebbe mutato l’ammirazione in dileggio, e la sua caduta in motivo di esultanza. Il web abbonda di tricoteuses. Magnini, che non è un ragazzino, poteva aspettarselo, e piuttosto che uscire sbattendo la porta, neanche aprirla, quella porta. 
Back to Top