LA REPUBBLICA del 15 dicembre 2011
Ma i deputati leghisti che sbraitano in Parlamento contro la manovra del governo, e se la passano da Paladini del Popolo, sono gli stessi deputati leghisti che fino a venti giorni fa hanno votato senza fiatare qualunque porcata, qualunque legge che tutelasse l´impunità e i profitti del loro alleato miliardario, e negli ultimi anni hanno permesso che la pressione fiscale aumentasse, gli enti locali si impoverissero, i servizi sociali diminuissero? Ma sì, certo che sono gli stessi. Imbarazzanti nel ruolo di alleati di ferro dell´uomo più ricco d´Italia, imbarazzanti nella rinnovata veste di rivoltosi a scoppio ritardato e di secessionisti rifatti. Di tutti i partiti si può dire, con qualche forzatura malevola, che hanno per scopo la propria conservazione. Ma per la Lega questa è una verità al cubo: nell´affastellarsi concitato di fasi istituzionali e fasi rivoluzionarie, poltrone da ministro italiano e megafoni secessionisti, urla contro "Berlusconi mafioso" e cenette fraterne ad Arcore, retate di camorristi e pallottole ai giudici, provincialismo bonario e odio etnico allo stato puro, il solo elemento leggibile è l´avventura di un gruppo di vecchi amici che cercano, a qualunque costo, di rimanere a vita sulle prime pagine dei giornali e conservare qualche seggio a Roma. A cosa serve la Lega? Serve alla Lega.
LA REPUBBLICA del 7 gennaio 2012
È UN PERIODO STORICO – almeno per questo Paese – davvero sorprendente. Le carte si rimescolano fino al paradosso. Contro Equitalia e il fisco cinico e baro si ritrovano fianco a fianco i bombaroli postali e gli impellicciati nullatenenti beccati a Cortina. Certi volantini insurrezionalisti, e certi orfani della destra di governo. Si presume non frequentino gli stessi circoli, né che abbiano gli stessi autori di riferimento, anche se in qualche maniera coltivano tutti quanti il sogno anarchico di fare a meno dello Stato e delle sue regole. In rete e su qualche quotidiano molto combattivo si leggono, sulla crisi in corso, cose molto di sinistra contro le banche e la finanza. Che paiono ben dette, e condivisibili, fino a che ti rendi conto che vanno a lambire il famoso complotto pluto-giudaico, e in quelle acque putride rischiano di nuotare fianco a fianco con il paranoico nazista, o con il leghista che dà i numeri. Periodo sorprendente, dicevo, ma anche faticoso. Che richiede discernimento, intelligenza, e cura delle proprie parole. La recessione è una malattia dell´economia che diventa facilmente malattia della psiche collettiva. Per i sani di mente, la responsabilità raddoppia.
LA REPUBBLICA del 28 gennaio 2012
Grandi risate, ieri mattina in edicola, vedendo il titolone del Giornale che replica così allo Spiegel: "Noi abbiamo Schettino, voi avete Auschwitz". Con il mio amico P, entusiasti di poter cominciare la giornata con un fuori programma così ameno, abbiamo divorato (a scrocco) l´editoriale di Sallusti contro i maledetti crucchi. Mancavano cenni all´evidente sovrappeso delle tedesche, alla dieta di soli wurstel e krauti, alla pessima qualità cromatica delle loro giacche. Il resto c´era tutto, e finalmente il giorno della memoria poteva uscire dal chiuso delle commemorazioni compunte, e faceva il suo ingresso trionfale nei bar con biliardo. Il mio amico P ed io ci auguriamo che il gemellaggio Spiegel-Giornale possa tracciare un solco e indicare una strada, così da vivificare le rassegne stampa del mattino. Senza voler rubare il mestiere a Sallusti, vorremmo ricordagli che la materia da trattare è davvero tanta: se i tedeschi sono tutti nazisti, i francesi sono boriosi e parlano col pernacchio, gli slavi violenti e alcolizzati, gli inglesi hanno la bocca a culo di gallina, i belgi sono pedofili, gli scozzesi avari, i polacchi bigotti, gli arabi urlano mulinando la scimitarra, i cinesi mangiano i cani e i vicentini mangiano i gatti. Le bolognesi la danno facile.
LA REPUBBLICA del 16 dicembre 2011
Chi ha visto in tivù o in rete Pape Diaw, portavoce dei senegalesi di Firenze, chi lo ha sentito parlare nel suo italiano evoluto e preciso, non può permettersi equivoco o distrazione o distorsione. Siamo di fronte a una comunità del tutto partecipe della vita sociale del nostro Paese, dei nostri diritti e dei nostri doveri. Chiunque alzi la mano contro queste persone accampando come pretesto la loro incompatibilità con la nostra comunità nazionale mente, e mente prima di tutto a se stesso. E chiunque, negli ultimi anni, ha diffuso la fola stupida e malvagia dell´"invasione" straniera come subdolo piano (di chi, poi?) per snaturare le nostre radici e la nostra identità, come hanno fatto anche politici di governo, e giornali a larga diffusione, è il cattivo maestro che alimenta la paranoia dei fanatici e arma la mano dei violenti. Mentre Pape Diaw parlava, la mia "identità" di italiano non solo non si sentiva in pericolo, ma percepiva, con orgoglio, come la mia vecchia lingua madre, nobile e marginale, grazie all´immigrazione può riacquistare nuova vita e nuova centralità. Mi chiedo quanti italiani razzisti siano capaci di onorare la nostra lingua come Pape Diaw.
LA REPUBBLICA del 10 gennaio 2012
Negli ultimi anni è stato sempre più difficile distinguere tra destra e sinistra. La crisi economica ci sta aiutando a ridefinire almeno il cinquanta per cento della questione. Della sinistra e di ciò che ha in mente capiamo pochino. Della destra, molto di più. Il premier Cameron che si schiera anima e corpo in difesa della City e boccia qualunque proposta di tassare le transazioni finanziarie: è di destra. I repubblicani Usa che tra le cause nefaste della crisi additano la riforma sanitaria di Obama: sono di destra. I deputati italiani del Pdl che imputano ai controlli fiscali il proposito di "denigrare la ricchezza": sono di destra. Gli italiani che trafugano oro e contanti in Svizzera per paura dello Stato (i loro padri e nonni lo fecero, più romanticamente, per paura del comunismo): sono di destra. Il senatore americano Santorum (punta alla Casa Bianca) che considera blasfemo l´evoluzionismo ed è convinto che la Terra sia stata creata poche migliaia di anni fa da Dio: è di destra. La destra sarà anche rozza, anzi lo è spesso. Ma ha il pregio di non vergognarsi di quello che pensa e degli interessi che difende. Per la sinistra, a pensarci bene, la destra è la sola vera bussola rimasta: basta guardarla, basta ascoltarla, e si riacquista un minimo di stima per il fantasma della sinistra.
LA REPUBBLICA del 31 gennaio 2012
Al di là dello sgarbo formale, il mancato omaggio dei dirigenti del Pdl al feretro del presidente Scalfaro è perfettamente comprensibile. Per il berlusconismo, niente poteva essere più odioso di un uomo di destra fedele alla Repubblica, alla Costituzione e alle loro radici antifasciste. Non bastasse questa distanza politica, lo scontro era anche tra due stili, due concezioni opposte della condotta pubblica così come dell´aplomb privato. Uomini come Scalfaro erano l´incarnazione stessa di una destra severa e costumata – la destra dei padri – che guardava alla nuova destra populista, consumista e catodica con evidente disprezzo e manifesta sfiducia. Scalfaro, in questo senso, ha rappresentato sul fronte cattolico quello che Montanelli rappresentò sul fronte laico: una irriducibile resistenza, da conservatori classici, ai mezzi così come ai fini della nuova destra populista, con l´aggravante di non poter essere certo liquidati come "comunisti". Colpisce – e molto – constatare come tra le due destre quella che pareva minoritaria e piegata dalla storia, quella di Scalfaro, oggi sia in campo (anche nel governo) con un vigore insospettabile. Mentre quell´altra, che fino a pochi mesi fa pareva invincibile, per farsi notare è costretta a disertare un lutto di Stato.
LA REPUBBLICA del 17 dicembre 2011
Quando fa notare che i giornali parlavano piuttosto male di lui, e adesso parlano piuttosto bene di Mario Monti, l´ex premier Berlusconi ha perfettamente ragione. Così ragione che la sua dichiarazione, espressa tra altre noterelle di colore durante l´ostensione romana del nuovo libro di Bruno Vespa, meriterebbe di essere approfondita. Ci permettiamo di fornire qualche indizio. Non sarà, per caso, che i giornali parlano bene di Monti perché non fa le corna durante i meeting mondiali? Perché non mima scherzosamente il gesto del mitra quando un giornalista osa fare una domanda a Putin, che è un paese dove ai giornalisti sparano col mitra? Perché non fa commenti quantitativi e qualitativi sui decolleté delle signore? Perché non racconta barzellette sui malati di Aids? Perché parla l´inglese? Perché non organizza cene eleganti ordinando le ragazze take-away? Perché non possiede reti televisive e non ha intestato al fratello un quotidiano? Perché non si addormenta in Parlamento? Perché non dice di essere il più grande presidente del Consiglio degli ultimi centocinquant´anni? Perché non usa il cerone, non si pettina con la pece e non si vergogna di essere un anziano signore? Perché non si sforza di piacere e, di conseguenza, non si offende se non piace?
LA REPUBBLICA del 17 gennaio 2012
In che cosa Comunione e Liberazione si distingue così nettamente da altre esperienze cristiane? Che cosa di unico e di straordinario ha avuto l´insegnamento di don Giussani? Cerco di capirlo, senza riuscirci, da una trentina d´anni, e per avere confessato per iscritto questa mia lacuna sono anche stato sgridato da colleghi devoti a don Giussani e molto severi con chi non ne comprende l´alto magistero. Per ovviare a queste mie mancanze mi sono letto d´un fiato la lunga, ponderosa intervista (una intera pagina) di Aldo Cazzullo a don Julian Carron, successore di don Giussani alla guida di quel movimento. Ho appreso che, secondo don Julian, «Berlusconi ha avuto aspetti positivi e aspetti negativi»; che «sbilanciarsi come comunità cristiana a favore di uno schieramento è sbagliato»; che, pur dichiarando di non conoscere la vicenda giudiziaria del San Raffaele, don Julian ritiene il San Raffaele «una grande istituzione»; che «nessuna istituzione può evitare gli errori dei singoli». Non ha aggiunto, don Carron, che d´inverno fa freddo e in estate molto più caldo: ma si capiva lo stesso che è un suo forte, irriducibile convincimento. Quanto a me, a proposito di Cl, sono rimasto in balia della mia deplorevole ignoranza.
LA REPUBBLICA del 1 febbraio 2012
Travolgente successo, in tutti i telegiornali, dell’ondata di freddo che riporta, in pieno inverno, l’inverno. Il gelo è telegenico. Non hanno mai fatto notizia, al contrario, il tepore malato e il clima siccitoso che negli ultimi mesi hanno disseccato il Nord, prosciugando i bacini e le falde. Ogni geologo, ogni agronomo sa benissimo che le conseguenze di una siccità da primato saranno ben più profonde e gravi rispetto a pochi giorni di sottozero. E non c’è contadino, al Nord, che non abbia salutato con sollievo l’arrivo, molto tardivo, della neve e delle perturbazioni.
Paolo Rumiz, pochi giorni fa su questo giornale, è stato tra i pochissimi a raccontare le conseguenze nefaste di questo inverno caldo e secco. Sapeva farlo magistralmente, quando era ancora tra di noi, Mario Rigoni Stern. Il clima e la natura sono diventati argomenti da scrittori. Non più da giornalisti, non più da media. Come se clima e natura fossero stati esclusi dalla nostra vita materiale, e fossero diventati o un vezzo letterario, o una suggestione spirituale. Non sappiamo più capire come è fatta la terra sopra la quale camminiamo e il cielo sotto il quale respiriamo.
LA REPUBBLICA del 18 dicembre 2011
L´altro giorno a Torino si è avuta l´ennesima conferma che la Lega non si considera parte della comunità nazionale. Non è all´opposizione di questo governo: è all´opposizione dell´Italia, e lo era anche quando, governandola, cercava di manometterla. È accaduto che il ministro dell´Integrazione, Riccardi, esponente di spicco del cattolicesimo sociale, ha reso visita alla comunità rom, colpita dal pogrom di pochi giorni fa, rappresaglia di un falso stupro. Il sindaco Fassino era con lui. Ma il ministro ha deciso di non passare – come previsto – dal quartiere multietnico di San Salvario, perché i militanti della Lega Nord lo attendevano per contestarlo (in quanto rom? ministro italiano? cattolico che serve il suo prossimo, e dunque tradisce le "radici cristiane" in salsa fascio-leghista?). Anche il governatore del Piemonte Cota (incredibile ma vero) gli aveva fatto sapere che la sua visita era inopportuna. A Torino, come in tutte le grandi città, la Lega conta pochissimo. Non ha alcuna parentela con la cultura urbana. Forse il ministro Riccardi ha fatto bene a evitare lo sgradevole incontro con i leghisti. Certo fa veramente impressione constatare che un ministro della Repubblica sia "sgradito" in Piemonte: a Torino, poi, che è una delle città simbolo della democrazia italiana.