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LA REPUBBLICA del 17 febbraio 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Nella baraonda sanremese ogni parola affoga, quella televisiva e quella della post-produzione giornalistica, che della tivù è pateticamente gregaria. Salverei, potendo, alcune delle (troppe) parole pronunciate da un uomo anziano (e non rifatto), che ha denunciato l´assurda brevità della vita, indicando come unica consolazione il Paradiso e la compagnia degli angeli. Saranno cinquant´anni, con l´eccezione di un paio di letture dantesche, che nessuno parlava di vita eterna in prima serata. Di tutto si è sempre cianciato, soprattutto di poderose stronzate, avendo competenze anche inferiori di quelle di Adriano Celentano: ma senza sollevare altrettanto scandalo. Curioso che la Chiesa – suoi uomini o sue propaggini – non abbia colto la novità. Vero è che ogni clero teme, più di Satana, chi predica senza avere la patente, violando il contratto di concessione esclusiva che le gerarchie religiose vantano con l´Eterno. E a proposito (e ovviamente senza nesso alcuno con Celentano): oggi, 17 febbraio, è l´anniversario del rogo di Giordano Bruno. Un amico di penna mi chiede di celebrarlo con le parole di Shakespeare: "Eretico è chi appicca il fuoco, non chi vi brucia dentro" (Winter´s Tale, atto II, scena III). 

LA REPUBBLICA del 10 marzo 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Fossi leghista quello che davvero mi brucerebbe, leggendo i giornali, è vedere che l´affaire Boni viene raccontato come una specie di sub-concessione all´ombra del sistema di potere formigoniano. Neanche il "lusso", l´estro, la fantasia di uno scandalo autonomo, inedito, di nuovo conio, che si confaccia a un partito nato contro tutti gli altri partiti, nel nome di una "diversità" talmente radicale da spacciarsi addirittura per anti-italiana. Macché: uno scandalo di imitazione, lo scandalo gregario di un partito gregario, con un odore muffito di vecchio potere, di partitocrazia, di lottizzazione degli appalti, dei favori, delle entrature. La Lega, di questo passo, rischia di non avere neanche il privilegio di collassare da sé sola, per ragioni in qualche modo "storiche" come la fine di ogni sogno di secessione. Collasserà all´ombra dei palazzi altrui, della rovina altrui, e così come il mondo intero, quando è finito il governo di Roma, parlò della caduta di Berlusconi, non certo di quella di Bossi, l´Italia intera, quando finirà il vecchio potere alla Regione Lombardia, parlerà della caduta di Formigoni, non certo di quella di Davide Boni. 

LA REPUBBLICA del 18 febbraio 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Il ventennale di Mani Pulite è stato celebrato meno istericamente del previsto (il clima sobrio e leggermente soporifero di questa parentesi "tecnica" serve, almeno, a mitigare i bollori politici). Ma è stato celebrato, quasi da tutti, come una sconfitta. Specie alla luce dei recenti e desolati calcoli sulla corruzione, che gode di eccellente salute. Ci si illuse, allora, che un manipolo di giudici valorosi avrebbe rimesso in riga un Paese che era, quanto a illegalità, perfettamente speculare alla sua classe dirigente. Le fiaccolate e il mito della "società civile" fecero corona a quell´appassionante colpo di reni della legge, e tutti facemmo finta che due evidenti minoranze (quei giudici, preceduti da decenni di insabbiamenti e omissioni; e la "società civile") incarnassero un´irresistibile volontà popolare. Così non è stato, e l´innamoramento di mezza Italia per Berlusconi segnò anche il bisogno irresistibile di abbandonare la plumbea severità della legge per tornare alla pacchia generalizzata e all´autoassoluzione di un Paese che di sentirsi in colpa non aveva alcuna voglia. Questi vent´anni sono dunque serviti almeno a capire che se non cambiano gli italiani, grazie a un profondo travaglio culturale e politico, nessuna legge sarà in grado, da sé sola, di cambiare alcunché. 

LA REPUBBLICA del 13 marzo 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
In Europa non si conoscono leader moderati che facciano campagna contro le unioni civili e le coppie omosessuali. Quelle campagne sono, ovunque, appannaggio dell´estrema destra, tipico argomento dei fascisti e dei cristiani oltranzisti. I moderati affrontano l´argomento con molta cautela, perché l´accusa di discriminazione su base etnica o sessuale, in Europa, suona sgradevole (se non per convinzione, per ipocrisia) anche alle maggioranze silenziose che votano centrodestra. Malgrado questo, la rozza sortita di Alfano in favore dell´unicità, di fronte alla legge, della "famiglia tradizionale", ha provocato, in Italia, solo le proteste delle associazioni omosessuali e di qualche settore dell´opposizione politica. E´ come se non esistesse un´opinione pubblica liberal-moderata, e soprattutto laica, in grado di condizionare i capi del centrodestra, di metterli in guardia da scivolate sul campo dei diritti. È come se si desse per scontato – da Berlusconi in poi – che la destra italiana è e sarà sempre quella roba lì, conformista, bigotta, omofoba, pre-europea, incapace di pretendere la propria fetta di difesa dei diritti, la propria fetta di democrazia. Per questo nessuno si è stupito del discorsetto di Alfano. Che a Cameron, per dirne solo uno, costerebbe qualche voto in meno e molti titoli di giornale in più. 

LA REPUBBLICA del 9 febbraio 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Internet è, molto spesso, il modo più nuovo per dire le cose più vecchie. Vedi l´acida polemichetta (su Twitter) a proposito di Maurizio Crozza, accusato di "copiare le battute", uno degli argomenti prediletti, nel sottobosco teatrale, dai tempi di Aristofane. Comici e autori di satira si accusano da sempre, già tra di loro, di rubare le battute. È una polemica stucchevole e soprattutto capziosa, basata assai più sul devastante narcisismo degli artisti (più o meno mancati) che sulla oggettività dell´accusa, perché una buona parte delle battute comiche è "res nullius", come i pesci del mare. Nascono da un mix inestricabile di tradizione popolare, motti di spirito orecchiati, meccanismi comici riadattati, limati, modificati, rovesciati. Ciò che fa poi la differenza è il loro uso, il contesto nel quale vengono inserite, e soprattutto la maniera di dirle, che è poi il succo dell´arte comica. Il bravo comico (per esempio Crozza) sa rendere comica, usandola nel modo giusto e al momento giusto, anche una battuta media; il cattivo comico rende loffia e inerte anche una buona battuta, per esempio scrivendola su Twitter. La comicità è rischiare la faccia davanti a un riflettore. Il resto è diceria nell´ombra, mormorio degli assenti. 

LA REPUBBLICA del 14 marzo 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
A Fausto Bertinotti non garba che Nanni Moretti ancora gli rinfacci, quasi quindici anni dopo, di avere fatto cadere il primo governo Prodi (1998). Bertinotti non può negare di avere votato contro quel governo, levandogli la maggioranza; ma fa notare, da irriducibile dialettico, che a succedere a Prodi furono i governi D´Alema e Amato, ed è quanto gli basta a respingere con sdegno l´accusa di avere favorito la destra. Non contento di avere spiegato a Moretti (e a qualche milione di elettori di centrosinistra, compreso il sottoscritto) che far cadere Prodi fu un lungimirante passo per consentire a D´Alema e Amato di afferrare saldamente le redini del Paese, Bertinotti aggiunge un dettaglio così decisivo da lasciarci senza fiato: non solo vinti, ma quasi convinti. La caduta di Prodi – spiega – ha poi permesso a lui personalmente, e a Rifondazione tutta, di «vivere l´esperienza dell´altermondialismo, da Porto Alegre a Genova». Ecco, noi avevamo sempre sottovalutato, tra le varie ricadute positive della cacciata di Prodi, la possibilità di poter finalmente vivere l´esperienza dell´altermondialismo da Porto Alegre a Genova. L´avessimo saputo per tempo, non ci saremmo rimasti così male.

LA REPUBBLICA del 15 febbraio 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
L´Arma dei carabinieri, in questo Paese, ha un prestigio e un ruolo troppo importanti perché possa cadere nel silenzio la spaventosa storia di Giuseppe Gulotta, condannato con altri tre siciliani per l´omicidio di due carabinieri ad Alcamo, nel ´76, e riconosciuto estraneo ai fatti dopo ventuno anni di carcere: quasi una vita intera. Le false accuse contro i quattro cittadini innocenti furono inventate da altri carabinieri, le confessioni estorte con la tortura, la verità occultata proprio da chi aveva il compito di scoprirla, la legge ingannata dai suoi stessi servitori, uno dei quattro incarcerati senza colpe è stato trovato morto in cella, forse "suicidato". Una storia tenebrosa, violenta, inaccettabile che fa parte a pieno titolo degli anni di piombo, di quei depistaggi, di quelle fellonie di Stato, di quelle menzogne rivolte contro il cuore stesso del Paese. Leggerne la ricostruzione (ieri su questo giornale ne scriveva Francesco Viviano) sconvolge. E al tempo stesso costringe a domandarsi se l´Arma, oggi, ha fatto chiarezza su questa sua vergognosa pagina interna, o intende farla. La liberazione (atrocemente tardiva) di un innocente non basta a chiudere una pagina così sporca. Si vorrebbe sapere perché è accaduto; per quali perversioni della legge e dell´onore dello Stato; e con quali conseguenze per chi ha escogitato ed eseguito un crimine così grave contro la libertà e la giustizia.

LA REPUBBLICA del 28 gennaio 2012 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
Grandi risate, ieri mattina in edicola, vedendo il titolone del Giornale che replica così allo Spiegel: "Noi abbiamo Schettino, voi avete Auschwitz". Con il mio amico P, entusiasti di poter cominciare la giornata con un fuori programma così ameno, abbiamo divorato (a scrocco) l´editoriale di Sallusti contro i maledetti crucchi. Mancavano cenni all´evidente sovrappeso delle tedesche, alla dieta di soli wurstel e krauti, alla pessima qualità cromatica delle loro giacche. Il resto c´era tutto, e finalmente il giorno della memoria poteva uscire dal chiuso delle commemorazioni compunte, e faceva il suo ingresso trionfale nei bar con biliardo. Il mio amico P ed io ci auguriamo che il gemellaggio Spiegel-Giornale possa tracciare un solco e indicare una strada, così da vivificare le rassegne stampa del mattino. Senza voler rubare il mestiere a Sallusti, vorremmo ricordagli che la materia da trattare è davvero tanta: se i tedeschi sono tutti nazisti, i francesi sono boriosi e parlano col pernacchio, gli slavi violenti e alcolizzati, gli inglesi hanno la bocca a culo di gallina, i belgi sono pedofili, gli scozzesi avari, i polacchi bigotti, gli arabi urlano mulinando la scimitarra, i cinesi mangiano i cani e i vicentini mangiano i gatti. Le bolognesi la danno facile. 

LA REPUBBLICA del 8 dicembre 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
"Ebreo comunista miliardario" scrive su Facebook, a proposito di Roberto Benigni, un uomo di punta del Pdl calabrese, assessore all´Urbanistica del capoluogo, avvocato, ex coordinatore di An, insomma a tutti gli effetti un esponente della classe dirigente del primo partito italiano. Il trittico di epiteti ha due aspetti rilevanti, e tipici. Il primo è che (ovviamente) non sono epiteti, ma lo diventano nella cultura paranoica di una destra ammalata di ignoranza e di paura. Il secondo è che al classico abbinamento "ebreo e comunista" (due gruppi di esseri umani che hanno potuto frequentarsi soprattutto nei lager nazisti, insieme agli zingari e agli omosessuali), si aggiunge "miliardario" perché l´ingrediente populista, non nuovo ma assai potenziato nel ventennio berlusconiano, si nutre di un odio indeterminato e pregiudiziale per ogni genere di élite. Agli artisti di successo capita di guadagnare bene. Se sono di destra, la circostanza è considerata congrua e perdonabile. Se di sinistra, un turpe scandalo. Un recente paginone del "Giornale" contro Roberto Vecchioni gli rinfacciava fino all´ossessione, fino al tic nervoso, dieci volte, cento volte, di essere "ricco", "lautamente pagato", "attaccato ai soldi". "Ebreo" non gli veniva imputato. Forse una dimenticanza. 

LA REPUBBLICA del 11 dicembre 2011 

PUBBLICATO IL  agosto 6 -  L'Amaca
La notizia della probabile sostituzione di Augusto Minzolini alla direzione del Tg1 è accompagnata da decine, centinaia, migliaia, forse milioni di dichiarazioni di esponenti politici. In questa grandinata di parole, vi sfido a trovarne una, dico una, che si astenga dal giudizio e attribuisca alla Rai, e solo alla Rai, la facoltà di decidere che cosa fare del suo telegiornale più importante. Di viale Mazzini i politici parlano stabilmente come di una loro succursale, quasi un terzo ramo del Parlamento. Lo fanno con naturalezza assoluta, come se neanche li sfiorasse il sospetto che la Rai, pure se gravata di una speciale responsabilità pubblica, è un´azienda editoriale, e da molti anni, nelle sue persone migliori, chiede disperatamente ai partiti di fare il famoso passo indietro, mollare la morsa metà clientelare metà censoria che ammorba quelle stanze e rende faticoso ogni passo, ogni gesto di chi là dentro lavora, o almeno prova a farlo. Nella rimozione di un direttore di telegiornale non c´è niente di rivoluzionario: è facoltà di ogni azienda rimuovere i dirigenti incapaci. Rivoluzionario sarebbe che i politici che bivaccano dentro e attorno alla Rai non avessero niente da dichiarare, perché non è affar loro. 
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